Cesena, 6 novembre 2024 – Rintracciare Emanuel Boke per riaprire il caso della scomparsa di Cristina Golinucci. A chiederlo è la famiglia della 21enne di cui si sono perse le tracce il primo settembre 1992. Quel giorno la ragazza aveva appuntamento al convento dei Cappuccini di Ronta con il suo padre spirituale.
Ed Emanuel Boke, il ragazzo nigeriano all'epoca ospite del convento, già sospettato in passato e che in seguito fu condannato per violenza sessuale ai danni di due ragazze cesenati “uscì dal carcere di Forlì l'8 giugno 1998 – spiega la famiglia – e il 29 giugno dello stesso anno venne arrestato a Marsiglia uno che aveva le sue stesse impronte digitali e che nella foto segnaletica era identico al nostro. A Marsiglia, venti giorni dopo dalla sua uscita dal carcere di Forlì violentò brutalmente una donna italiana. Risultava senza fissa dimora”.
"Quante altre donne a Cesena e in Francia hanno subito lo stesso destino? – domanda l’avvocato Barbara Iannuccelli che difende la madre di Cristina, Marisa Degli Angeli – Tutto questo poteva essere evitato? Chiederemo di riaprire il caso perché abbiamo anche il dna del ragazzo di colore, perché i Ris lo hanno estratto dal cappellino che risultava nei reperti del suo arresto per la violenza delle due ragazze di Cesena, reperti la cui analisi abbiamo chiesto noi e che ha portato all'estrazione del suo Dna. Perché nessuno lo aveva fatto prima?”.
L'obiettivo è poter inserire il Dna nella banca dati francese, "per vedere se oggi ha un'altra identità o è emerso in altri fatti delittuosi”. Una volta rintracciato si potrebbe provare a interrogarlo sul caso di Cristina.
"Nella sentenza di primo grado con cui Boke fu condannato per la violenza sessuale sulle due ragazze di Cesena, una delle ragazze dice che Boke riferiva di comportarsi così perché una ragazza bianca lo aveva lasciato. Quella ragazza bianca era Cristina?», domanda Iannuccelli.