REDAZIONE CESENA

Giorgi, 80 anni e tanta voglia di lavorare

Il decano dei ristoratori ha festeggiato con tanti amici, la musica popolare dei ‘Sgumbié ad Zivitela’ e l’allegria di Sgabanaza a Ponte Giorgi

di Paolo Morelli

Per festeggiare gli 80 anni ha voluto accanto a sé un paio di centinaia di persone: famigliari, parenti, amici, ma anche tante persone con le quali è entrato in contatto in tanti decenni di ristorazione mantenendo salde relazioni. Una cena per 200 persone può sembrare una cosa da nababbi, ma non è così: il festeggiato è Guglielmo Giorgi, ristoratore di lunghissimo corso, ancora sulla breccia, anzi ai fornelli, che per una sera si è tolto la classica parannanza, il grembiule da cucina, e ha fatto la star passando da un tavolo all’altro. Come fare una festicciola in casa.

Com’è andata?

"Benissimo, sono molto contento perché i nostri dipendenti e collaboratori si sono impegnati al massimo e tutti gli ospiti sono stati contenti. Ho un solo rammarico...".

Quale?

"Il tempo: avevamo già predisposto tutto nel nostro magnifico parco, ma i temporali di giovedì e venerdì ci hanno consigliato di stare al coperto. Però è andata bene anche così".

Tra gli ospiti c’erano ‘I Sgumbié’ di Civitella che hanno cantato e suonato, e Sgabanaza che ha fatto ridere tutti con le sue immancabili barzellette. Se li aspettava?

"Qualcosa sapevo, ma non tutto. Mi sono commosso quando ‘I Sgumbié’ hanno attaccato la canzone ‘Ponte Giorgi’ che Carlo Baiardi e la sua orchestra dedicarono al nostro locale. Che tempi, quando avevano una serata da queste parti Baiardi e i suoi musicisti venivano a mangiare da noi dopo lo spettacolo e si faceva mattina giocando a carte".

Lei parla sempre al plurale, dine ‘noi’, non ‘io’...

"E’ ovvio, se non ci fosse la mia famiglia non ci sarebbe il ristorante e tutto il resto che c’è attorno. E’ stato sempre così!".

Quando comincia la storia di Ponte Giorgi?

"Nessuno lo sa, di preciso, dovrebbe essere alla fine dell’Ottocento, quando mio nonno aprì una bottega di generi alimentari dove si trovava di tutto, come si usava una volta. A poco a poco diventò osteria e trattoria perché i birocciai si fermavano a far riposare i cavalli e si rifocillavano mangiando qualcosa e bevendo un bicchiere di vino".

In effetti la vostra posizione è strategica...

"Sì, a ridosso del ponte che attraversa il Savio sulla vecchia via Romea che da Ravenna porta a Roma. Una posizione strategica anche in tempo di guerra, nelle carte militari americane Ponte Giorgi era indicato come un importante obbiettivo. Ed è strategica ancor oggi perché i pullman di turisti che da Venezia vanno a Roma fanno tappa da noi. Noi siamo a Cella di Mercato Saraceno, ma tutti dicono Ponte Giorgi".

Quando è nato il ristorante?

"La data ufficiale è il 1954. Allora aveva 12 anni e aiutavo mia madre Ines Aurora Fabbri. Mi piaceva, mi sentivo importante, non era certo sfruttamento di lavoro minorile come direbbero oggi!".

Lei ha una personalità un po’ irrequieta...

"Mi piace cercare sempre nuovi stimoli. Così ogni tanto mi sono lanciato in avventure come un ristorante a New York, un albergo-ristorante a Santo Domingo, il ristorante Casali a Cesena e altro ancora, ma sono sempre tornato a casa perché le mie radici sono sempre ben piantate qui".

Se lei è irrequieto come mai Ponte Giorgi è conosciuto come un ristorante di tradizione?

"Perché lo è! La ricetta dei cappelletti, che sono nel menù trutto l’anno, è quella di mia mmma, tipica di Mercato Saraceno, con formaggi a pasta morbida, Parmigiano-Reggiano e cinque tipi di carne. Stesso discorso per il gelato al forno con frutti di bosco. Ma nel nostro menù c’è sempre qualcosa di nuovo".

Quanto continuerà a lavorare?

"Fino a che mi divertirò. Ho accettato un taglio alla pensione per continuare a stare al mio posto in cucina".

E dopo di lei?

"Ci sono le mie figlie, entrambe brave e grandi lavoratrici. E poi ci sono due nipotini, anche se non portano il cognome Giorgi...".