LUCA RAVAGLIA
Cronaca

Fotoreporter da record 34 anni alla Grande Boucle

Premiato il cesenate Stefano Sirotti: "Ho iniziato insieme a mio padre"

Fotoreporter da record 34 anni alla Grande Boucle

Fotoreporter da record 34 anni alla Grande Boucle

A ritirare premi sul palco del Tour de France ci salgono i grandi. Il fotoreporter cesenate Stefano Sirotti fa parte della categoria a pieno titolo, forte – tra le altre cose – della sua 34esima partecipazione alla Grande Boucle vissuta con in mano una macchina fotografica. Nei giorni scorsi ha attraversato le strade di casa, dal Barbotto fino a Cesenatico, ritirando anche un premio alla carriera (tutt’altro che conclusa) riconosciutogli dall’organizzazione della corsa. Sirotti, come ha iniziato?

"Grazie a mio padre Emanuele, grande appassionato di fotografia e di ciclismo, che viaggiava per il mondo per immortalare le grandi corse e i grandi campioni. A dare il via a tutto però è stata mia madre, che ho purtroppo perso pochi mei fa. Fu lei, quando avevo 13 anni, a proporre a mio padre di portarmi al suo seguito. Dal 1990 non mi sono perso un Tour de France, fatta eccezione per quello ai tempi del covid. Sono a 34 edizioni anche del Giro d’Italia e che dire delle altre grandi corse a tappe, piuttosto che delle classiche.. Ho partecipato pure a due olimpiadi, a Tokyo e a Rio".

Non è un lavoro semplice.

"Giro per il mondo per quasi tutto l’anno. Inizio con l’Australia in gennaio e finisco con la Cina o la Danimarca a ottobre. E’ faticoso, si è sempre in viaggio e i disagi e gli imprevisti sono da mettere costantemente in conto. Però è bellissimo. E’ la passione che mi anima".

Il lato più bello?

"E’ bello fotografare i campioni, ma lo è altrettanto contestualizzarli negli scenari più vari, che in tanti casi sono vere meraviglie. Poi c’è l’adrenalina, quella che ti attraversa ogni volta in cui stringi in mano la macchina fotografica sapendo di avere una sola occasione di scattare la foto giusta. E’ un attimo, e devi essere pronto".

Ci sono atleti ai quali è particolarmente legato?

"Ne cito uno solo, che è davvero sopra a tutti gli altri: Marco Pantani. Lo ho visto diventare grande, compiere le imprese che hanno segnato la storia. E’ stato incredibile esserci ed è stato un privilegio stringere un saldo rapporto di amicizia con lui. Rapporto che ho anche coi suoi genitori Tonina e Paolo. Spero che possano trovare pace".

I colleghi?

"Sono una famiglia. Ci conosciamo tutti e ci capiamo al volo. Quando uno di noi è in difficoltà, tutti gli altri sono sempre pronti ad aiutarlo. Cito in particolare per Roberto Bettini, grande professionista e amico vero".

Cosa testimonia il lavoro suo e di suo padre?

"L’archivio. Abbiamo oltre un milione 200.000 foto che raccontano la storia del ciclismo, ma anche pagine importanti di calcio. Ora una selezione è esposta al ristorante ‘Urbano’ e alla pizzeria ‘Cinema’ di Cesenatico".