Cesena, 27 marzo 2024 – E’ ancora appesa a un filo la speranza di Marisa Degli Angeli di far luce sul mistero della scomparsa della figlia Cristina Golinucci, sparita 31 anni e mezzo fa a Cesena e mai più ritrovata. Sono appena scaduti i tre mesi di proroga, concessi dal giudice, nelle indagini per omicidio a carico di ignoti, e la polizia giudiziaria ha depositato la nota conclusiva degli accertamenti tecnici disposti dal giudice. Tra le indagini fatte in questi tre mesi vi sono anche nuovi sopralluoghi nel convento dei Frati Cappuccini, dove Cristina aveva lasciato la sua auto prima di sparire per sempre.
È ora al vaglio del pubblico ministero la decisione di chiedere nuovamente al gip l’archiviazione o di valutare se sono emersi elementi idonei per l’iscrizione di un potenziale indagato in un procedimento per omicidio che fino ad ora è stato sempre a carico di ignoti. Sarà poi il giudice a stabilire se archiviare o proseguire le indagini. "Il dolore di una madre non si archivia – commenta Marisa Degli Angeli – e anche se il giudice disporrà nuovamente, per l’ennesima volta, l’archiviazione del procedimento, io e i miei legali andremo avanti per scoprire la verità. Perché la verità non si può negare ad una mamma".
Combatte da 31 anni e mezzo Marisa Degli Angeli, da quando il primo settembre del 1992 Cristina, allora 21enne, si è recata al pomeriggio al convento dei Frati Cappuccini di Cesena, dove aveva appuntamento con il suo padre spirituale, frate Lino. Un appuntamento a cui la ragazza non si è mai presentata. Nel parcheggio del convento è stata ritrovata la sua Fiat 500 azzurra e nient’altro. Per mamma Marisa non ci sono dubbi: è stato un femminicidio, rimasto fino ad ora senza colpevole.
“Non smetterò di oppormi all’archiviazione – ha ribadito anche ieri – continuerò a lottare assieme ai miei legali dell’associazione Penelope che aiuta le famiglie degli scomparsi. Voglio la verità su mia figlia, andrò avanti finché sarò in vita. Cristina era una ragazza solare e allegra, aveva tanti interessi e tanti amici, non aveva alcun motivo di voler morire. Voglio trovare le sue ossa e metterle accanto a quelle di suo padre".
Un’indagine investigativa infinita viene avviata nell’immediatezza della scomparsa. Di Cristina non vi è nessuna traccia, si cerca ovunque, finché un tuono fragoroso dà una scossa all’inchiesta. E’ la testimonianza di un ragazzo di colore, Emanuel Boke, che a quei tempi frequentava il convento. Mentre il ragazzo si trova in carcere per un’altra vicenda confessa di aver ucciso Cristina al padre spirituale della ragazza. Il tuono è fragoroso ma non segue il lampo che lumeggi le indagini. Il ragazzo successivamente ritratta e lo spunto investigativo si spegne nelle nebbie dell’inchiesta. E siamo al ‘crac’ delle ultime indagini (nove in tutto le inchieste aperte negli anni) quando il pubblico ministero chiede al giudice di emettere decreto di archiviazione essendo rimasto ignoto l’autore del delitto. Qui insorge la difesa dei familiari con atto di opposizione all’archiviazione, accolta dal giudice.
Tra le piste seguite, oltre quella di Emanuel Boke, vi è anche la figura di un infermiere che all’epoca dei fatti aveva lavorato in un ospedale dove Cristina aveva fatto volontariato. Infine la lente si è rivolta su un personaggio che frequentava gli ambienti religiosi e di volontariato, accusato da altre donne di episodi di molestie sessuali.