Cesena, 3 settembre 2024 – Quanto può durare una traccia? Una traccia lasciata in un bosco, ai bordi di un sentiero poco noto e ancor meno praticato. Una traccia, che se davvero fosse stata lasciata, potrebbe dare risposte sulle sorti di Cristina Golinucci, la ragazza cesenate scomparsa il primo settembre del 1992 quando aveva 21 anni e che non è più stata ritrovata.
L’auspicio di Barbara Iannuccelli, l’avvocato che segue il caso per conto della famiglia, è che una traccia possa durare almeno 32 anni.
Proverà a saperne di più nei prossimi giorni quando, insieme all’associazione Penelope che si occupa del supporto ai familiari delle persone scomparse, organizzerà una ricerca insieme a unità cinofile nei boschi intorno a Mercato Saraceno, Comune del territorio cesenate immerso nell’Appennino. Il sopralluogo verrà svolto dalla stessa associazione, sulla scorta di una testimonianza ricevuta nei giorni scorsi .
“So bene che 32 anni sono lunghi – ha commentato Iannuccelli – ma non per questo abbiamo intenzione di arrenderci. Ogni pista deve essere battuta fino in fondo: In questo caso poi ci troviamo davanti a uno scenario inedito per questo caso”.
Iannuccelli, che ha informato della questione anche gli inquirenti, ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata inattesa: “Ho parlato con una donna, che a sua volta mi ha riportato la testimonianza dell’anziano padre, il quale nel periodo in cui scomparve Cristina era solito andare in cerca di funghi nei boschi intorno a Mercato Saraceno. Lì, in più occasioni, avrebbe visto arrivare un’auto con a bordo un frate e una ragazza. Il frate si toglieva la tunica restando in abiti ‘civili’, dopo di che insieme alla giovane si avviava verso il bosco tenendola per mano. Sempre in quella zona, qualche tempo dopo, un amico del nostro involontario testimone gli disse che erano stati trovati dei sacchi neri chiusi che emanavano un odore nauseante e che del ritrovamento erano state informate anche le forze dell’ordine. La descrizione del religioso sarebbe compatibile con quella di Padre Renato, Domenico Nigi, che ai tempi viveva nel convento dei Cappuccini di Cesena, lasciato poi un anno dopo la scomparsa di Cristina”.
Il legale chiede agli inquirenti di indagare ancora risalendo al profugo Emanuel Boke – un sospettato poi scagionato – che in una telefonata intercettata avrebbe detto di aver visto padre Renato (deceduto nel 2016) con Cristina Golinucci.