
"Così ho sconfitto il mostro dell’alcolismo"
di Elide Giordani
La vita che precipita in fondo ad una bottiglia per alcuni non è un drammatico caso fortuito. E’ una mannaia che cala su un ceppo già predisposto. "Chi vive alcolista, se non esce da quel cerchio, muore alcolista. L’alcolismo è una caratteristica psicofisica che non permette di gestire gli effetti dell’alcol. E da quando smetti per tutta la vita non puoi permetterti neppure un goccio". Parole di chi conosce bene il mostro che inghiotte la capacità di restare sobri e, di conseguenza, la vita stessa con i suoi affetti e i suoi progetti. Carlo, sono parole sue, da anni è uno degli operatori del gruppo Alcolisti Anonimi (che in questi giorni da Sant’Egidio si trasferisce in via Castiglione 37 a San Carlo) e con la dipendenza ci ha fatto i conti diversi anni fa. Da allora, vinto il mostro, mette la sua esperienza e il suo tempo al servizio di chi è in fondo al gorgo ma combatte per risalire. Con un’attenzione alle famiglie trascinate nel vortice dei conflitti dal vizio di un loro congiunto. Carlo, quanti sono attualmente gli alcolisti che si rivolgono a voi?
"Non tanti, il lockdown ha tagliato molti fili benché nel chiuso delle case il problema si sia acuito, ma noi teniamo duro".
Cosa vi predispone all’essere utili nel superamento di una patologia che è la croce della sanità e degli psicologi?
"Il fatto che quell’esperienza noi operatori l’abbiamo vissuta e sappiamo cosa significa. Il nostro sistema degli incontri nato negli Usa è in auge sin dagli anni ’30 ed è stato di aiuto a tante persone. Si tratta di un percorso codificato in 12 passi il primo dei quali è chiudere il tappo della bottiglia".
E in seguito cosa succede? "Che ci si affida ad un mutuo aiuto. Non abbiamo psicologici o medici che, purtroppo, non riescono ad intervenire quando l’alcolista è pienamente succube del bere. Non valgono minacce o imposizione. Noi, comunque, interveniamo quando ha deciso di smettere e lo aiutiamo a non ricaderci. Funziona. Le nostre riunioni sono certificata da 100 anni di attività".
Quali sono le azioni che le rendono efficaci?
"Il prendere coscienza di se stessi, delle proprie fragilità, imparare a gestire se stessi e il rapporto con gli altri, a recuperare l’autostima che l’alcolismo distrugge".
Quanti siete al Centro?
"Siamo quattro, uno di noi è qui da oltre 20 anni. Siamo pensionati, uno solo lavora. Purtroppo ognuno di noi è passato attraverso la dipendenza dall’alcol. Ma questo vuol dire che chi viene da noi sfonda una porta aperta, sappiamo benissimo cosa prova. Nessuno può capirli come noi, a cominciare dai familiari che non sanno dove sbattere la testa. Magari minacciano di cacciarli di casa, di togliere loro la possibilità di acquistare alcol ma non serve, anzi, il malato, perché così è, tende a chiudersi di più e a cercare conforto nel bere. Tanto più che chi è preda dell’alcol tende a dare la colpa a chi gli sta intorno".
Come se ne esce?
"Scavando molto in fondo e non dimenticando mai il dramma del proprio vissuto di alcolisti. Ogni giorno sarebbe bene mettersi lì a ricordare per filo e per segno le sofferenze patite e provocate a causa dell’alcol. Il dodicesimo passo, infatti, è mettersi a disposizione degli altri. Aiutare gli altri è anche aiutare se stessi in un percorso che non è mai finito".