MASSIMO PANDOLFI
Cronaca

Camorra e scommesse, la notte maledetta che incastrò Pantani: gli ultimi retroscena

Fu sottoposto al test anti doping ed escluso dalla corsa: iniziò a morire. Provette alterate? In Trentino saranno sentiti nuovi testimoni. Un pentito: "Se vinceva il Pirata, la criminalità finiva in bancarotta"

Camorra e scommesse, la notte maledetta che incastrò Pantani: gli ultimi retroscena

Trento, 15 luglio 2024 – Associazione di stampo mafioso finalizzata alle scommesse e collegata alla morte di Marco Pantani. È l’ipotesi per cui procede la Procura di Trento, nella nuova inchiesta aperta per fare luce sull’ombra della camorra sulle scommesse clandestine nel Giro d’Italia del 1999 e sul mistero del test antidoping di Marco Pantani che, si ipotizza, sia stato alterato per fermare la vittoria che il ‘pirata’ aveva già in tasca. La pm della Dda trentina, Patrizia Foiera, sta lavorando sulla ricostruzione, anche vagliata dalla Commissione Antimafia, già emersa in un fascicolo poi archiviato: la criminalità campana avrebbe scommesso miliardi sulla sconfitta di Pantani. Un pentito ha detto: “Se vinceva Pantani, la camorra sarebbe finita in bancarotta”. Intanto da Cesenatico i genitori di Marco Pantani si dicono contenti ma non si fanno illusioni: “Il problema rimane sempre e solo uno, come si conclude il procedimento”. Mamma Tonina da anni combatte per la riabilitazione del figlio: lei crede che ci sia un giallo anche per la morte del Pirata, avvenuta in un hotel di Rimini il 14 febbraio 2004: “Non era solo in quella stanza”.

Marco Pantani a Madonna di Campiglio, il 5 giugno 1999, dopo l’addio al Giro
Marco Pantani a Madonna di Campiglio, il 5 giugno 1999, dopo l’addio al Giro

Basta, lasciamolo in pace. Viene, verrebbe da dire così, 25 anni e 40 giorni dopo Madonna di Campiglio e 20 anni e 5 mesi dopo Rimini, San Valentino, l’epilogo, la morte, forse l’autodistruzione di un uomo che era diventato leggenda del ciclismo.

Ma forse la pace vera Marco Pantani – e chissà dove sarà ora l’anima di Marco il campione – potrà trovarla solo quando il suo onore sarà davvero riabilitato.

Ben venga, allora, la nuova, ennesima inchiesta, aperta a Trento, nella speranza che venga a galla tutta la verità.

Perché, e qui arriviamo al punto, l’hanno capito anche i muri che quella notte fra venerdì 4 e sabato 5 giugno 1999, alla vigilia della penultima tappa del Giro d’Italia, Pantani fu fregato.

Incastrato.

Escluso dalla corsa dopo il controllo antidoping, mentre stava stravincendo il Giro d’Italia con oltre sei minuti di vantaggio sul secondo in classifica.

Allora tra i ciclisti andava di moda l’Epo (eritropoietina), una sostanza che stimola la produzione di globuli rossi e, sintetizzando, fa andare più forte. I test venivano fatti al fine di evitare pericoli per la salute pubblica dello sportivo analizzato, ma in fondo era una forma ipocrita per dire, a test positivo accertato: "Si è dopato".

Un marchio infame.

Il 5 giugno 1999, Pantani fu trovato con l’ematocrito a 51,9, ben sopra il massimo consentito (50).

Cosa mi avete fatto, cosa mi avete fatto?" Urlava e piangeva, Marco Pantani, quella maledetta mattina di Madonna di Campiglio. Spaccò il vetro della finestra con un pugno, si ferì. E tra le lacrime diceva ad Andrea Agostini, suo amico manager, ex compagno di scuola e di vita, che voleva consolarlo ma non sapeva come fare: "Stavolta non mi rialzo più".

Marco Pantani è stato fregato perché non era un segreto che quella mattina sarebbe passato il controllo antidoping. Anzi, lo sapevano tutti. C’era l’obbligo di tre test durante la corsa rosa: due erano già stati eseguiti, il terzo non poteva che cadere quel giorno, visto che l’ultima tappa della domenica era solo una passarella trionfale per il vincitore.

Pantani aspettava quindi i ’vampiri’ dell’antidoping. Tranquillo. Se anche si fosse davvero dopato (ipotesi fra l’altro mai dimostrata, anzi Marco fu assolto dall’accusa di frode sportiva), avrebbe avuto il modo e il tempo per abbassare il valore dell’ematocrito prima del prelievo. Sarebbe stato sufficiente mettersi a pedalare la sera tardi in camera, sulla cyclette.

Così, ahinoi, facevano tutti.

Fra l’altro lo staff di Pantani il venerdì sera aveva eseguito a titolo precauzionale il controllo sul sangue del Pirata: ematocrito a 48, quindi regolarissimo. E il sabato, dopo il verdetto di Madonna di Campiglio, mentre Marco cominciava a morire dentro, il suo team Mercatone Uno (che per protesta si ritirò dal Giro) fece un altro esame del sangue a Pantani. Di nuovo 48, tutto certificato.

Due quarantotto e un quasi cinquantadue. Perché 51,9? Cos’è successo in quella provetta?

Si è già indagato molto su questo giallo. L’allora Procuratore della Repubblica di Forlì, Sergio Sottani, aprì il caso dopo le dichiarazioni del bandito Renato Vallanzasca ("Un mio compagno di cella mi disse: hai qualche milione da buttare? Se sì, punta sul vincitore del Giro d’Italia. Non sarà Pantani".

Disse Sottani quando chiuse l’inchiesta: "Probabile che in questa vicenda ci sia la mano della camorra, ma non riesco a provarlo". Si arrese nel 2016.

Le stesse cose ipotizzate da Sottani le ha ripetute anche la Commissione d’inchiesta dell’Antimafia. Sono sorti mille dubbi sul prelievo eseguito a Madonna di Campiglio. I medici arrivarono all’alba, non tutto fu fatto alla luce del sole, si è parlato e straparlato di un possibile scambio di provette. Parole ancora di Sottani: "Un clan camorristico minacciò un medico per costringerlo ad alterare i test e fare risultare Pantani fuori regola".

Il teorema, lo avrete capito, è chiarissimo: bisognava fermare Pantani perché la camorra aveva scommesso tanto, troppo (miliardi di lire) sulla sua sconfitta. Se Marco vinceva, era la bancarotta. Tutto probabilmente vero, forse indimostrabile.

Sarebbe importante arrivare alla verità per ridare pace a Marco. Che era un campione, vero. Poi era anche un romagnolo testone, orgoglioso, debole. Non ce la faceva ad affrontare lo sguardo della gente che gli diceva, gli faceva capire o magari lo temeva solo lui: "Vinci perché sei un dopato".

Marco voleva urlare che vinceva solo perché era il più forte di tutti, ma non ce la faceva più a urlare. Non aveva la forza di far nulla, ormai. Dopo Madonna di Campiglio diventò l’uomo più fragile del mondo e finì negli abissi della perdizione, dell’alcol, della cocaina, di tutto.

Ma, non dimentichiamolo mai, Marco Pantani, il grande Marco Pantani, cominciò a morire quando fu fregato con quel controllo, probabilmente farlocco, a Madonna di Campiglio.

Gli hanno rubato la vita, non solo un Giro d’Italia.

Troviamola la verità: è un dovere.