LUCA RAVAGLIA
Cronaca

Il barista aggredito in stazione a Cesena: "Devo lavorare, ma ho davvero paura"

Viaggio nella zona della stazione dopo l’ennesimo episodio di violenza. Nel locale esplode la rabbia del titolare e dei dipendenti: "Perché il sindaco non ha pensato di venire da queste parti?"

A sinistra il titolare del Caffè Capolinea. A destra del sangue a terra dopo l'aggressione

A sinistra il titolare del Caffè Capolinea. A destra del sangue a terra dopo l'aggressione

Cesena, 22 agosto 2023 – “Parlare? A cosa serve parlare? Tutti sanno quello che accade qui. Tutti sanno che ogni volta che andiamo al lavoro, corriamo un rischio. Eppure non cambia mai niente". Il Caffè Capolinea di fronte alla stazione ferroviaria è aperto. Sono passate poche ore dall’aggressione che si è verificata domenica mattina nel locale e che ha visto coinvolti due cittadini marocchini e il titolare del pubblico esercizio. I due avventori, dalle prime ricostruzioni, davanti alla ferma richiesta del titolare di saldare il pagamento delle consumazioni, avrebbero tentato di aggredirlo con coltelli e bottiglie, avendo poi la peggio e venendo trasportati al pronto soccorso in seguito alle ferite riportate, fortunatamente non gravi. Anche il barista è rimasto ferito, ma appena a poche ore di distanza dai fatti, è tornato lì, nel suo locale. "Che altro posso fare? Ho una famiglia, devo lavorare. Ma ho paura".

A cavallo della pausa pranzo se ne sta in disparte, prendendosi qualche minuto di pausa da dietro al bancone, seduto su una sedia all’aperto, a guardarsi intorno, in un luogo che anche di giorno si mostra un nervo scoperto in termini di sicurezza. Perché domenica, al momento dell’aggressione, era mattina, c’era il sole e la città galleggiava tranquilla verso la fine della settimana di Ferragosto. Tranquilla ovunque ma non lì, nel bar con vista sulla stazione ferroviaria, un’area dove ogni momento potrebbe essere quello in cui succede l’irreparabile. "Ci siamo andati molto vicino per l’ennesima volta – il resto dello staff al lavoro, esasperato dalla situazione, ha poca voglia di convenevoli –. Dovesse accadere, di chi sarà la colpa? Gli uffici competenti sono colmi di segnalazioni e di richieste di auto. Cosa si aspetta a intervenire?". C’è chi cita l’amministrazione comunale. "Dov’è chi rappresenta la nostra città? Dopo quello che è accaduto nelle ultime ore, il sindaco non ha pensato di venire da queste parti?".

Il clima è teso, le parole arrivano senza mezzi termini. "Non vogliamo parlale con un giornalista. Vogliamo parlare con chi prende le decisioni". Sull’argomento entra anche il titolare. Parla piano, mentre serve un cliente. Non è rabbia, è paura. E la paura qui, in queste condizioni, è legittima. Perché i fatti di domenica non sono isolati. Già altre volte l’area del ‘Capolinea’ era stata delimitata dalle fettucce delle forze dell’ordine, già altre volte era stato necessario pulire le macchie di sangue. "Sì, ho paura. Ho paura che la situazione possa precipitare, ma nonostante tutto so di non avere alternative: è il mio lavoro e ogni giorno devo venire qui a offrire il mio servizio alla città". Chi quella zona la frequenta da più tempo non può che essere d’accordo: "Da anni, ogni giorno è sempre peggio".

E le altre attività commerciali? C’è chi rilancia, dicendo al sua, aggiungendo segnalazioni, ma chiedendo di restare anonimo ("Altrimenti mi spaccano il locale") e c’è chi per la stessa ragione ha scelto di girarsi dall’altra parte: "Non ho visto niente e non ho sentito niente. Impossibile? Voglio solo restare a lavorare in pace, senza dover fare i conti con ritorsioni. Le temo? Le ho già avute. Ora basta, tanto non cambia niente". La rassegnazione è uno degli stati d’animo peggiori di una comunità.