Sorprendente e pungente, per ironia, questo appello elettorale d’altri tempi. State a sentire questo candidato. ‘Io non ho bisogno d’un lungo programma elettorale. Eleggendomi a deputato avrete due sicuri vantaggi. Quello di liberarvi della mia incomoda presenza. E quello di mandarmi a scuotere nella Sala dei Cinquecento (il Parlamento d’allora) l’apatia dell’Assemblea Nazionale. La mia eloquenza scioglierà le più serie questioni”. Firma e nome del candidato: il Terremoto. Metà novembre 1870, Cesena. Nell’imminenza delle elezioni politiche d’allora la nostra città era turbata, da tre settimane, da scosse di terremoto. Da qui lo spunto per l’irriverente appello elettorale apparso sulle colonne de ‘Il Rubicone’, periodico radicale cesenate. Chi era l’autore di quella inconsueta sortita satirica? Il ‘Rubicone’, nella sua intensa e travagliata stagione ottocentesca, ospitò belle ‘firme’ locali. E tuttavia diversi indizi, comprese rubriche dalla scrittura brillante e ‘scapigliata’, portano a un giovane studente d’allora che sappiamo collaboratore de ‘Il Rubicone’ e destinato un importante giornalista italiano: Alfredo Comandini, che merita un breve ritratto.
Era figlio di Federico Comandini, garibaldino e eroico patriota del Risorgimento cesenate. Va ricordato che al nome di Federico Comandini sono dedicati il sobborgo della zona San Bartolo e anche le Mura cittadine nel tratto da via Mulini a via Cesare Battisti. All’anagrafe Alfredo Comandini risulta nato a Faenza nel 1853: la mamma Clementina Bonini era tornata dai suoi a Faenza, poiché il marito Federico era stato arrestato proprio in quel anno - Cesena era ancora sotto lo Stato della Chiesa- per “cospirazione” dagli austriaci. Scarcerato dopo anni più che duri Federico torna a Cesena dal figlio cresciuto in casa a pane, cultura e gusto della libertà. Ma a un diretto impegno politico pur professato in gioventù Alfredo Comandini preferisce, nel segno della passione civile, la nascente professione da giornalista in campo nazionale. Nel 1879 è chiamato a Vicenza a dirigere ‘Il Paese’, nel 1880 è direttore de ’L’Adige’. nel 1883 è a Milano per rilanciare ‘La Lombardia”.
Nel 1891 passa a dirigere per un certo periodo il “Corriere della Sera’. Richiamato a gran voce dal Circolo Democratico Cesenate partecipa alle elezioni del 1892 e viene eletto nostro deputato: nella sua esperienza parlamentare si caratterizza con un agire che oggi diremmo ‘riformista’. Per tornare poi al giornalismo tra alterne vicende, anche come corrispondente da Londra. Alfredo Comandini, coerente con la sua ispirazione laica, è stato tra i primi giornalisti italiani a privilegiare il racconto obiettivo dei fatti senza stravolgerli a fini politici. Anche nelle roventi discussioni di quei tempi sulla sua amata e focosa Romagna.
Comandini, cui si deve una notevole ‘Storia illustrata d’Italia del XIX secolo, giorno per giorno, illustrata’ muore nel 1923: da buon cronista aveva preparato per tempo il suo ‘coccodrillo’. Il ‘coccodrillo’, in gergo redazionale, è il necrologio (già pronto per comodità giornalistica) che annuncia la scomparsa di un personaggio. Il necrologio di Comandini è sobrio: senza smancerie né, appunto, lacrime di coccodrillo.