MADDALENA DE FRANCHIS
Cronaca

"Angoscia e brutti ricordi: cancelliamoli"

Simone Battaglia, ricercatore 28enne al Campus, premiato dalla Società italiana di Neuropsicologia per i suoi studi sulla memoria

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di Maddalena De Franchis

Simone Battaglia, 28 anni, psicologo e ricercatore in Neuroscienze cognitive al Campus universitario di Cesena, si è aggiudicato il prestigioso premio per la miglior tesi di dottorato d’Italia, assegnato ogni anno dalla Società italiana di Neuropsicologia.

Battaglia, qual è l’argomento del suo elaborato?

"La tesi comprende quattro studi che ho svolto in questi anni nei laboratori del centro studi e ricerche in Neuroscienze cognitive di Cesena, diretto dal dal professor Giuseppe Di Pellegrino. Il filo rosso che li accomuna è l’analisi dei meccanismi funzionali e neurali che regolano i ricordi di esperienze negative, traumatiche o legate alla paura".

Di cosa si tratta?

"Il primo studio riguarda la possibilità di modificare l’impatto di un ricordo spiacevole attraverso tecniche non invasive di stimolazione magnetica transcranica. Con il secondo studio, condotto sia su partecipanti sani che su pazienti con danno cerebrale, abbiamo localizzato l’area del cervello che immagazzina i ricordi spiacevoli. Il terzo – tuttora in corso – mira a sviluppare un algoritmo adatto a interpretare i segnali psicofisici inviati dall’individuo quando vengono risvegliati ricordi capaci di generare angoscia. Infine, il quarto è dedicato al modo in cui l’invecchiamento influisce sulla percezione delle paure".

L’emergenza Covid ci ha confermato che viviamo in un’epoca dominata dalla paura. In che modo la sua ricerca può influenzare il quotidiano?

"Da psicologo e ricercatore, il mio obiettivo è trovare le soluzioni per rimuovere o attenuare i sintomi, determinati da memorie traumatiche, di disturbi psichiatrici come attacchi di panico e fobie. Ciò non significa, però, eliminare completamente la paura dalle nostre vite".

Che intende dire?

"La paura è uno strumento di difesa necessario per la nostra sopravvivenza. Il nostro scopo è attenuare la sofferenza che essa provoca dentro di noi".

A proposito di Covid, come ha influito la pandemia sulla vostra attività di ricerca?

"L’impatto è stato pesante, ma abbiamo saputo adattarci alla contingenza: durante il lockdown, abbiamo sospeso i test sui pazienti e lavorato solo sulla revisione della letteratura scientifica. A settembre, muniti dei dispositivi di protezione, abbiamo ripreso la sperimentazione in presenza. Neppure il virus è riuscito a fermarci".