Bologna, 10 marzo 2019 - Non esiste un aggettivo per definire Alberto Bucci. Giusto così: uno solo sarebbe troppo poco. Nel basket è stato tutto: coach vincente, presidente di successo. Nel resto è stato tante cose: mental coach per sportivi e gruppi aziendali, consigliere di grandi tecnici come il suo amicone Ancelotti o il ct del ciclismo Cassani, docente occasionale all’università, persino opinionista di calcio in tv.
E' stato un amico per molti di coloro che ha incontrato sui campi, giocatori, dirigenti, giornalisti o tifosi, non importa se della sua o delle altre squadre: poco o molto, con quel suo modo franco di rivolgersi agli altri, a tutti ha lasciato qualcosa. E’ stato un punto di riferimento nella vita di chi ha conosciuto e anche di chi non lo conosceva: il suo esempio, la sua voglia di non arrendersi davanti a qualsiasi avversario, fosse un quintetto di basket o la malattia che ce l’ha tolto, insegnava molto più di quanto non sapesse fare lui, abilissimo conversatore e straordinario motivatore, con le parole.
Cosa sia stato Bucci nella piccola grande storia dello sport lo raccontano i numeri: scudetti, coppe e pure promozioni, compresa l’ultima della sua Virtus, riportata nell’elite da presidente dopo averla già consegnata alla storia 35 anni fa da allenatore vincendo la stella del decimo tricolore.
Chi sia stato Alberto non basterebbe una vita a raccontarlo, perché gli episodi, specialmente quelli consegnati al privato, non si contano. Compreso il più recente, la sua ultima apparizione pubblica a Firenze, dove si è presentato per seguire la V nera in semifinale di coppa Italia poche ore dopo l’ennesimo intervento: amore e coraggio, la sintesi di un uomo che è stato unico