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Pradè accende la polemica: esultanza di Italiano nel mirino dopo Fiorentina-Bologna

Pradè critica l'esultanza di Italiano dopo la vittoria contro il Bologna. Appello a calmare gli animi per il derby dell'Appennino.

Bologna, Italy, September 2019 - Aerial view of Renato Dall'Ara Stadium

Bologna, Italy, September 2019 - Aerial view of Renato Dall'Ara Stadium

Vitali

La prima regola da rispettare, quando si vogliono evitare deflagrazioni, è quella di non gettare un cerino in una polveriera. Daniele Pradè, forse segnato dalla più marcata sensibilità che negli ultimi anni ha sviluppato l’ambiente di Firenze per gli infausti eventi in serie che l’hanno colpito (le tragedie di Astori e Joe Barone e il recente caso Bove), domenica sera quel cerino, involontariamente o meno, lo ha gettato mettendo pesantemente nel mirino la presunta esultanza smodata di Vincenzo Italiano. Ora: Italiano non avrà il signorile aplomb di un Ranieri (Claudio, il tecnico della Roma), ma da quando siede su una panchina ha un modo tutto suo, spontaneo, sanguigno e facilmente codificabile, di vivere l’evoluzione di una partita, compreso il suo festoso epilogo.

Si dirà: stavolta sfidava la sua ex squadra, ferita in mattinata dalla notizia della morte della madre di Palladino, e avrebbe dovuto usare maggiore cautela. Che cosa avrebbe fatto di così grave Italiano? Al triplice fischio ha gettato al cielo il berretto del suo addetto stampa prima di celebrare il trionfo conquistato sul campo nel chiuso dello spogliatoio, al riparo da occhi indiscreti. E’ reato festeggiare una vittoria abbracciando per dieci-secondi-dieci gli uomini del proprio staff prima di scomparire nel tunnel?

Avrebbe commesso identico peccato Kean se al 19’ avesse esultato dopo il gol giustamente annullatogli per fuorigioco da Fabbri? In entrambi i casi a nostro avviso la risposta è no.

Dodò è andato oltre, promettendo addirittura l’inferno (testuale) per la sfida di ritorno al Franchi. Al difensore brasiliano sommessamente ricordiamo che un inferno vero, con tanto di fiamme non simboliche, a Firenze i bolognesi lo patirono già il 18 giugno 1989, quando mani assassine alla stazione di Rifredi lanciarono una molotov contro il treno dei tifosi rossoblù, lasciando un segno indelebile sull’esistenza di Ivan Dall’Olio, che quel giorno riportò ustioni su tre quarti del corpo. Bologna e Firenze non meritano che un altro derby dell’Appennino torni ad avere i contorni dell’inferno. E non lo meritano due club uniti da rapporti solidi, al netto della rivalità che divide le due tifoserie. Abbassare i toni adesso è doveroso. E anche tenere i cerini in tasca al prossimo giro.

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