Venti giorni fa, dalla panchina del Sinigaglia, Vincenzo Italiano, dopo aver sudato freddo per un tempo e mezzo, a Como festeggiava il pericolo scampato di un Bologna che negli ultimi venti minuti era riuscito a raddrizzare miracolosamente la partita evitando un rovinoso naufragio sul lago.
Nei primi settanta minuti di Como, lo scorso 14 settembre, facce rabbuiate e pensose dei dirigenti rossoblù in tribuna e facce smarrite dei calciatori in campo. L’esatto opposto del senso di fiducia e autostima che si leggeva sui volti dei rossoblù mercoledì notte ad Anfield, dopo un’impresa solo sfiorata sotto gli occhi di tremila tifosi in festa e in coda a una prestazione in cui il Bologna (che proprio ieri ha festeggiato i 115 anni di vita) di Italiano, al netto della sconfitta, ha dimostrato al mondo del calcio, compresi i maestri inglesi, di essere tutto fuorché un intruso al gran ballo della Champions. In mezzo, nei venti giorni (scarsi) che hanno cambiato in meglio il volto del Bologna, c’è tutto il lavoro martellante e certosino di un allenatore che si è spaccato la testa per trovare una soluzione al rebus più complicato dell’estate: dare un senso compiuto al nuovo Bologna dopo che il vecchio, con Motta in panchina e tre big lasciati partite sul mercato (Calafiori, Zirkzee e Saelemaekers), aveva incantato il mondo.
Nulla è stato facile, nei giorni più difficili il vento del dubbio ha investito Casteldebole di folate insidiose, i risultati in campionato (7 punti dopo 6 giornate) ancora non sono in linea con quelli di un Bologna che punta a un posto al sole in Europa: eppure la notte di Liverpool è lì a testimoniare che il Bologna di Italiano oggi ha un’anima, un verso tecnico e una propensione a fare la partita che mercoledì notte si sono imposte perfino al cospetto della capolista della Premier League.
Tutto merito di un allenatore che a Casteldebole in questi venti giorni ha ascoltato tutti i suoi ragazzi senza lasciarne indietro alcuno, che dopo Como ha abbassato saggiamente il baricentro della difesa senza per questo rinunciare alla ‘riaggressione’ alta e che ad Anfield, per larghi tratti di partita, ha osato (con profitto) una costruzione dal basso per nulla tremebonda di fronte agli assi dei Reds che andavano in pressione. Coraggio è la parola chiave. Ma anche la condizione atletica in crescendo è un fattore che adesso incide positivamente.
A Italiano per decollare adesso mancano i gol: trovati i 3 consecutivi di Castro in campionato (e risparmiato l’argentino ad Anfield) al tecnico fanno difetto quelli di Orsolini, Ndoye, Odgaard e Dallinga. Non è un dettaglio considerato che per battere il Parma domenica in campionato servirà soprattutto l’apporto degli attaccanti.
Cullarsi nella mistica della bella, pardon bellissima, sconfitta di Anfield sarebbe imperdonabile. Meglio arrovellarsi su quello che, nella notte inglese, è mancato per centrare l’impresa. Ma per questo c’è Italiano. Uno che fin qui ha fatto le nozze coi fichi secchi, ovvero quasi senza attingere agli innesti dell’ultimo mercato. Anche questo, nel suo piccolo, un mezzo capolavoro.
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