MARCELLO GIORDANO
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Il Bologna di Italiano è diventato grande. Da Odgaard a Dominguez: la sua rivoluzione

Nella vittoria sui viola c’erano in campo 5 giocatori nuovi, tra acquisti e chi non era titolare l’anno scorso. Così il tecnico ha stregato tutti

Il Bologna di Italiano è diventato grande. Da Odgaard a Dominguez: la sua rivoluzione

Jens Odgaard viene festeggiato da Remo Freuler dopo il gol alla Fiorentina (Ansa)

Che la transizione fosse terminata, lo si era capito a Torino, contro la Juventus, dove il Bologna aveva dato vita alla miglior gara disputata fin lì: ma aveva rovinato tutto, a un minuto dalla fine, mandando in fumo una vittoria che pareva già in tasca. La crescita però non si è fermata: pari a Lisbona, con il Benfica, e finalmente il primo esame di maturità superato in casa con la Fiorentina, che rilancia il Bologna a pieno titolo nella lotta per l’Europa: tra l’incrocio con Motta e il passato rossoblù e quello con il proprio, di passato, Vincenzo Italiano si è preso il Bologna.

Anche perché con la Fiorentina ha vinto il suo Bologna: in campo dal primo minuto Pobega, Holm e Dominguez, tre volti nuovi del mercato estivo. Con loro, anche Odgaard e Castro, arrivati a gennaio e diventati protagonisti in questa stagione. Anche perché a Odgaard Italiano ha ritagliato una nuova posizione, trovando nel danese l’uomo giusto per la svolta tattica e il passaggio al 4-2-3-1: 3 reti in 13 giornate, ha già segnato di più di quanto non abbia fatto nella seconda parte della scorsa stagione (2 reti in 10 presenze in campionato). E Castro: si è caricato il Bologna sulle spalle, quando non segna ispira, è lui l’erede di Zirkzee, aspettando Dallinga. Si è prodotto in una corsa liberatoria: studiata o spontanea che fosse, porterà il pubblico bolognese ancor più dalla sua parte, data la rivalità storica tra Bologna e Firenze, a livello calcistico.

E’ stato accolto con diffidenza, da una parte della città, il tecnico: vuoi perché veniva dalla Fiorentina, vuoi perché prendere l’eredità lasciata dal Bologna di Motta era complesso. Sta battendo anche quella. Dicevano fosse un tecnico integralista: invece è partito dal 4-3-3, è passato al 4-2-3-1, è partito con gli esterni a piede invertito, è passato a un esterno di piede naturale e con la Fiorenina ha chiuso con due esterni di piede naturale. E anche il gioco piede a terra, con i centrocampisti, spesso saltati a inizio stagione è in crescita.

Lavora e migliora, il suo Bologna, è in evoluzione e ha tre punti in meno di un anno fa alla sedicesima giornata, ma con una gara in meno, dovendo recuperare la sfida con il Milan. In Europa il decollo non è riuscito, ma neppure sono arrivate batoste. Ed è in corsa in Coppa Italia. Non solo. Italiano non ha ancora avuto la squadra al completo: mai, dall’inizio della preparazione, non solo del campionato.

Era partito dando continuità e fiducia ai reduci della passata stagione. Sta inserendo i nuovi e trovando qualcosa da tutti: Pobega, finalmente Holm e Casale (protagonista con il Benfica), da Iling in Coppa Italia, da Miranda e Dominguez. All’appello manca Dallinga e Karlsson è rimasto nel suo cono d’ombra dopo il gol di Roma. Ne sono usciti il Bologna e Italiano ed è quello che conta. Lo avevano voluto perché capace di gestire rosa lunga e triplice impegno: lo sta dimostrando. E lo ha dimostrato battendo la Fiorentina senza Ndoye e Orsolini, due degli uomini più in forma e con il gol in canna, altro nodo risolto dopo i problemi di inizio stagione.

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