Fabio Poli, adesso il Bologna ha un verso.
"Alt: ha un verso nel senso che ha vinto tre partite di fila e nel calcio i risultati fanno tutta la differenza del mondo. Però se dovessi dire che ha un gioco che mi convince mentirei".
Provi lei ad allenare una squadra che ha perso Calafiori, Zirkzee, Saelemakers e fino a qualche settimana fa anche Ferguson.
"Lo so, il lavoro di Italiano quest’anno è difficile. In campo vanno i giocatori e alla fine sono quelli che determinano. Però...".
Qual è il però?
"Fin qui non ho visto una qualità di gioco paragonabile a quella della scorsa stagione. Ogni annata ha la sua storia, ma io, per esempio, vorrei vedere Posch che quando ha la palla tra i piedi non abbia una sola soluzione: lo scorso anno ne aveva tre. E vorrei vedere gli esterni crossare di più".
A proposito di esterni: da ala che cosa pensa di questo Orsolini che ha ricominciato a segnare?
"Orsolini ogni stagione fa così: fa fatica a carburare, ma poi i gol li fa. Ecco, mi piacerebbe che ogni tanto uscisse dal suo binario: a volte sembra che sia incollato a quella corsia e non riesca a fare uno scambio con un compagno. Io dico che dovrebbe imparare a farlo".
Però Orso fa gol, a differenza di Ndoye.
"Vuole che sia sincero? Io mi diverto di più a vedere Ndoye e la sua facilità a saltare l’uomo. Certo deve imparare a segnare".
A Roma finalmente ha segnato Karlsson.
"Gol importante, perché viene dopo un lungo periodo difficile. Credo che abbia accusato il colpo dopo l’esclusione dalla lista Champions: ma adesso deve tirare fuori gli attributi e dare un seguito a quel gol".
Dominguez la convince?
"Col Genoa mi era piaciuto: mi era piaciuta soprattutto la sua voglia di determinare ogni volta che aveva la palla tra i piedi. Poi vedo che è sparito".
Un po’ come Iling-Junior dopo il gol di Como.
"Esatto: un gol da favola e poi quasi nulla. Ma i calciatori vivono dei momenti così: ne ho passati anch’io e non sai darti una spiegazione".
Lazio-Bologna, la sua partita del cuore.
"Il Bologna è la mia casa, ma anche alla Lazio i tifosi mi fanno sentire a casa: ogni volta che li incontro mi trattano come uno che con quella maglia abbia vinto uno scudetto".
Beh, lei e l’indimenticato ‘Fiore’, alias Giuliano Fiorini (scomparso nel 2005), in quel 1986-87 con i vostri gol evitaste la retrocessione della Lazio in C.
"Annata indimenticabile, con Fascetti in panchina e quei 9 punti di penalizzazione che avrebbero steso un toro. Fu una grande sofferenza, ma alla fine arrivò il mio gol a Napoli nello spareggio col Campobasso. Sono passati quasi quarant’anni, ma per i laziali sono rimasto un mito".
Oggi la Lazio in classifica vola e in panchina la guida Marco Baroni, suo compagno in rossoblù nella stagione 1991-92 in serie B.
"Non ho bei ricordi. Baroni arrivava dal Napoli e legò subito con Pazzagli, Gerolin e Incocciati, ingaggiati anche loro in estate. Si crearono due gruppi che spaccarono lo spogliatoio: da una parte i nuovi arrivati e dall’altra noi della vecchia guardia, io, Villa, Mariani, che eravamo molto legati a Maifredi. Ma gli altri spingevano per Sonetti e alla fine i dirigenti ascoltarono loro: Gigi saltò e arrivò Sonetti".
Il Baroni allenatore invece?
"Giù il cappello. Ha plasmato una Lazio che fa cose semplici, ma che è bella ed efficace: tutti in campo si muovono all’unisono e sanno esattamente cosa fare. E là davanti c’è quel Castellanos che mi piace da matti".
Il Bologna quest’anno dove arriva?
"Se vuole stare a ridosso delle grandi deve crescere tanto: sul piano del gioco ci sono squadre che oggi hanno proposte migliori".
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