ALESSANDRO GALLO
Sport

Frignani ha detto stop: "UnipolSai, mi fermo. Ma continuerai a vincere"

Il manager: "Ho iniziato nel 2016, pensavo di durare non più di 3-4 anni. Il tricolore? Mia figlia Gaia ha fatto il bis con le Blue Girls con under 13 e 18".

Frignani ha detto stop: "UnipolSai, mi fermo. Ma continuerai a vincere"

Il manager: "Ho iniziato nel 2016, pensavo di durare non più di 3-4 anni. Il tricolore? Mia figlia Gaia ha fatto il bis con le Blue Girls con under 13 e 18".

"Mi fermo qui". L’annuncio è come un cazzotto nello stomaco. Anche perché Daniele Frignani era il manager della Fortitudo dal 2016. Cinque scudetti, una Coppa dei Campioni, tre Coppe Italia – "ma solo perché in questo periodo si è giocata solo in tre occasioni", se la ride l– e un rapporto stretto, strettissimo, con la squadra. Per lui 311 successi da manager che vanno di pari passo con le oltre 700 partite da giocatore (e spesso capitano) e altri tre scudetti. Daniele Frignani esce di scena (momentaneamente), ma la sconfitta in semifinale, con San Marino, non ha inciso nella scelta.

"Un trofeo in più o in meno non avrebbe cambiato nulla. Era una decisione che, di fatto, avevo già maturato un anno fa. Durante la stagione lo avevo fatto intuire…".

Anche se ai giocatori non ha ancora comunicato nulla.

"Lo sapranno ora".

Mura licenziato, lei che si ferma: quasi una rivoluzione epocale. Peggio: forse l’idea che si stia smantellando il gruppo.

"E invece non è così. La Fortitudo c’è, è solida. Continuerà a esistere. A vincere, spero spesso e perdere – magari meno –, ma non cambierà. Sono solo io che mi fermo. Continuo a pensare che fosse il momento giusto per staccare. L’ho fatto".

Anche perché il legame con la Fortitudo…

"Resta. Solidissimo. Ho giocato solo per questi colori. Ho allenato solo per questi colori".

Provocazione: lei ha giocato nella Virtus.

"Vero, verissimo. Ma ero un nelle giovanili della pallacanestro. Avevo anche la tessera per andare a vedere le partite. Ma chissà perché mi interessava solo il derby. Intendiamoci, quando ho giocato con la Virtus l’ho fatto per vincere, perché a perdere non ci sto mai, anche se accetto il verdetto del campo. Ma la Fortitudo resta nel mio cuore. Sempre".

Fortitudo baseball: la realtà bolognese più vincente del terzo millennio.

"Confermo. Mi piace anche pensare all’idea dei cicli. In principio c’è stato Mauro Mazzotti, poi Marco Nanni. E infine io".

Dal 2016.

"Appunto. Quando sono subentrato a Marco, che veniva da una storia quasi decennale, non avrei mai pensato di resistere per nove stagioni. Pensavo a un ciclo di, al massimo, 3-4 anni. E invece…".

Squadra speciale.

"Staff eccezionale. Il lavoro con Christian Mura, Fabio Betto – e prima ancora con Roberto Radaelli –, Claudio Liverziani, Vanni Pedrini. Non vorrei dimenticare qualcuno".

Si ritienne un llenatore vincente?

"Il tecnico di un gruppo vincente, direi. Le squadre le fanno i giocatori. E ho avuto la fortuna di allenarne davvero forti. I ragazzi sono come figli. Alle volte li devi cazziare. Ma ti restano dentro".

Il successo più bello?

"Mah, dentro restano soprattutto le sconfitte. Anche perché, magari, ci devi pensare per tutto l’inverno".

Lo scudetto al primo colpo: al Falchi, sotto un nubifragio. Parafrasando un vecchio adagio, manager bagnato, manager fortunato.

"Sono state tante le soddisfazioni che ci siamo tolti. Il 2016, più che per la pioggia, è il decimo titolo. Quello della stella. Poi la Fortitudo non aveva mai vinto due scudetti di fila. Ne abbiamo conquistati tre. Mai riuscita l’accoppiata scudetto-Coppa dei Campioni. Nel 2019 abbiamo fatto festa al Falchi".

I giocatori…

"Beh, Rivero ha fatto tutto il percorso con me. Era silenzioso, almeno i primi tempi. Magari c’erano fior di lanciatori. Però lui diceva: ‘Dammi la pallina Lele. La partita la vinco io’. E così andava".

Poi?

"Marval in battuta ci sapeva fare".

E gli italiani?

"Tutti, ma proprio tutti. Non faccio nomi perché rischierei di dimenticarne qualcuno".

Problemi?

"Spaccature mai. Ci fu qualche discussione con Cedeno. Ma trovammo la strada giusta".

E adesso?

"Mi sono seduto a un tavolo. Ho smesso di allenare. In futuro, non so. Non ho la sfera di cristallo. Ma se la Fortitudo chiama, per qualsiasi situazione, ci sono".

Ma non come manager e allenatore.

"Esatto".

Chi al suo posto?

Questo è un quesito da porre al club".

Lei che dice?

"Un’idea ce l’ho. Per il ruolo di manager la Fortitudo non deve nemmeno andare troppo lontano. Ce l’ha già. Con il dna Fortitudo, per giunta".

Sembra un’indicazione per il suo staff, dove troviamo Betto e Liverziani. Vedremo cosa decideranno il presidente Bissa e il direttivo. Ma a chi teme un ridimensionamento cosa dice?

"A questi dico di stare tranquilli. Lascio una Fortitudo solida. Non so se potrà vincere subito, perché, ripeto, non conosco il futuro. Ma il club è solido. I giocatori ci sono. E la mia Fortitudo lotterà sempre per le posizioni di vertice. Poi si vince o si perde".

Se avesse vinto sarebbe rimasto?

"Ripeto, l’uscita in semifinale, non ha cambiato il mio pensiero. E poi la famiglia Frignani quest’anno di scudetti ne ha vinti addirittura due".

Prego?

"Mia figlia Gaia. Gioca nelle Blue Girls, a softball. Scudetto con l’under 13 e con l’under 18. E non era mai successo. Tradizione di famiglia. Con i colori della Fortitudo".

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