Bologna, 20 dicembre 2024 – Viene dal Nord, come Babbo Natale. Ma ha una barba dorata che sfavilla e il regalo ai bolognesi l’ha consegnato con dieci giorni d’anticipo sulla tradizione. Con quel gol alla Fiorentina, Jens Odgaard ha fatto felici grandi e piccini. I viola nel suo destino, loro malgrado. Perché un anno fa, con manco mezz’ora di serie A sulle gambe, il ragazzone di Hillerod entrò e fece due a zero al primo pallone. Con Thiago fu una scintilla, Italiano l’ha imparato ad amare piano piano, trovandogli un posto dove un tempo giocavano i dieci.
Essere o non essere un trequartista? Questo non è un dilemma, per il principe di Danimarca. Non si fa troppe domande, l’Amleto rossoblù: semmai dispensa risposte. "Mi sento un dieci, ma anche un nove: in qualsiasi ruolo, sto bene e do tutto. Avevo già giocato sulla trequarti, non sto facendo qualcosa di inedito". Chi non sogna, però, un giorno di indossare la maglia numero 10? Lui. "Posso giocare con l’1, con il 2 sulle spalle, per me non c’è un significato dietro un numero. Il mio 21 mi piace". Sostanza e pragmatismo.
Odgaard, ma lei ha capito veramente quanto pesa la sua rete contro la Fiorentina?
"Sì, penso dì sì. L’avevo già provato la scorsa stagione, sapevo quanto fosse una gara speciale per i tifosi del Bologna. Nei giorni precedenti al match, si percepisce un’atmosfera particolare, la febbre da grande evento".
Grande è anche il momento che state vivendo in campionato. Ma domani c’è il Torino...
"E’ sempre complicato giocare in casa dei granata: è una squadra molto fisica, ha molta forza, soprattutto in casa. Ma noi siamo pronti e preparati".
Dove volete arrivare quest’anno? Tornare in Champions pare impossibile.
"Niente è impossibile. Ma è più facile ragionare gara dopo gara. Abbiamo battuto la Fiorentina, bene: ora focus sul Torino. Dopo, sotto con il Verona. Dobbiamo focalizzarci sul prossimo match, tutto il resto non lo si può controllare".
Sembra di sentire Thiago. A proposito, è rimasto sorpreso dallo show di Motta allo Stadium? Tutte quelle proteste, l’espulsione...
"A volte le emozioni prendono il sopravvento, può succedere a tutti".
Avete parlato con lui dopo la gara?
"No, non l’ho più sentito da quando è andato via da Bologna".
Italiano, invece, sembra essere qui da sempre, per il feeling che si è creato con il gruppo.
"Il mister è arrivato prima che iniziasse la stagione, si è preso tempo per conoscere l’ambiente e le persone. Con lui siamo cresciuti tanto e continuiamo a migliorare a ogni partita. Italiano ha il controllo del gruppo e la squadra è contenta dei progressi che sta facendo".
Ok, lasciamo stare la Champions. Ma l’Europa cos’è per voi? Un sogno o un obiettivo?
"Giocare le coppe è il sogno di tutti, ma io credo che per noi sia un obiettivo concreto, possibile: abbiamo tutte le qualità per centrarlo".
Da fuori, si percepisce chiaramente come la vostra forza sia il gruppo. Qual è il compagno di squadra con cui ha legato di più?
"Devo dire per forza Sam, Beukema. Eravamo compagni all’Az, in Olanda: siamo amici da tanto. E’ uno di casa".
E il compagno più divertente?
"Quest’anno abbiamo un nuovo numero uno: Holm. Emil è il più pazzo: è un ballerino, è un cantante, è un intrattenitore. Nello spogliatoio fa divertire tutti".
Ci racconti un po’ di lei: da piccolo, che squadra tifava?
"Da bambino guardavo la Premier League e la Bundesliga con mio padre: lui tifava per l’Everton, allora io scelsi il Liverpool".
Che emozione è stata per quel bambino arrivare a calcare il prato di Anfield?
"E’ uno stadio leggendario, pieno di storia. E’ stata un’esperienza bellissima, soprattutto perché era pieno di tifosi bolognesi: vederli tutti così vicini al campo è stata un’emozione pazzesca".
Ci sono altri calciatori in famiglia?
"No, io sono l’unico. La mia è una famiglia di giocatori di handball: in Danimarca la pallamano è molto popolare. I miei genitori praticavano questo sport e mio zio è stato un grande giocatore nel mio Paese".
Lei ha molti tatuaggi: ce n’è uno a cui tiene in particolare?
Scopre il braccio sinistro e mostra il polso. "Ce ne sono tre: la data di nascita dei miei genitori e quella di mia sorella, tre anni più grande di me. Poi ho altri tatuaggi a cui sono legato, ma anche tanti altri che ho fatto solo perché mi piacevano esteticamente".
Santi Castro si è tatuato subito la Torre di Maratona.
"Non ho ancora pensato di dedicare qualcosa a Bologna. Chi lo sa, magari...".
Ma lei a Bologna come si trova?
"Mi sono sentito subito il benvenuto. Sono qua da quasi un anno, ma mi sento parte della città e del club: sono tutti molto carini con me. Insomma, sono super super felice di essere qui".
La cosa che le piace di più del vivere in Italia e quella che le piace meno? Onesto, eh.
"Comincio con quella che mi piace di meno. Sarò onesto: d’estate quando giochiamo con 35 gradi, ecco, questo è troppo per me (ride, ndr). Ma non voglio lamentarmi, perché il clima qui da voi è decisamente migliore del nostro. La cosa che, invece, amo di più è il mood delle persone: sono molto più aperte che in Scandinavia. Tutte molto gentili, mi piace questo stile di vita e mi ci sto abituando".
Se non avesse fatto il calciatore, che cosa le sarebbe piaciuto fare?
"Penso che probabilmente avrei vissuto a Copenaghen, avrei aperto un piccolo ristorante o un bar con qualche mio amico. Niente di clamoroso. Per fortuna, sono diventato un calciatore".
E invece pensa mai al futuro dopo il calcio?
"No, ho ancora tanti, tanti anni davanti in campo, spero. Sono focalizzato sulla mia carriera e la mia vita privata".
Che cosa chiede al 2025 come calciatore?
"Il 2024 è stato un anno che a livello sportivo mi ha dato tantissimo e spero che il prossimo sia altrettanto bello. Spero di migliorare io e il Bologna come squadra: abbiamo tutto per riuscirci".
La nazionale?
"E’ un grande sogno. Devo continuare a lavorare duro e sperare che un giorno si avveri".
E, invece, che cosa si augura come uomo?
"Semplicemente di continuare a essere felice con la mia famiglia, la mia compagna, il mio cane e i miei amici".
A Natale torna in Danimarca?
"No, starò qui, i miei familiari verranno a Bologna. Faremo la cena del 24, perché per noi danesi è quello il Natale: il 25 non si festeggia. Ci sarà anche Sam con noi, perché è da solo qua, la sua famiglia sarà in viaggio".
I tifosi domani sperano in un altro regalo...
"Pensavo di essere a posto con il gol alla Fiorentina (ride, ndr). Ma farò il massimo per dare loro un’altra gioia".
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