Bologna, 13 settembre 2019 - «I premi? Certo, sono il segno di un’età avanzata ma fanno sempre piacere. Stanno a significare che qualcosa di buono nella vita hai combinato». Francesco Guccini se la ride nella quiete della sua Pavana prima dell’ennesima discesa a valle: stasera alle 21 alla Festa dell’Unità del Parco Nord riceverà la targa Volponi e, per l’occasione, presenterà in anteprima il libro, in uscita martedì per Giunti, ‘Tralummescuro-Ballata per un paese al tramonto’. Il titolo della serata cita un suo verso, ‘Se avessi previsto tutto questo’.
Lei cosa aveva previsto?
«Da ragazzo niente di tutto questo. Non mi sarei mai aspettato che le cose andassero così, che arrivasse il successo... Beh sì, quella frase è in parte profetica».
Oggi Pavana è quasi disabitata e il suo nuovo libro evoca un tempo lontano fatto di personaggi, mestieri, speranze. Si può dire che si tratta di una sorta di seguito di ‘Croniche epafàniche’?
«Sì, è vero. Adesso questa zona è deserta, il fiume abbandonato, i turisti in fuga. Ho nostalgia per le imprecazioni dei giocatori di bocce, per le voci delle contadine che chiamavano le galline, per la raccolta della camomilla che adesso è sparita dai campi. Ora, certo, si vive meglio e ci sono molte comodità... ma allora la società era diversa e vivace nella ricerca di una sopravvivenza. I miei avevano un mulino e non abbiamo mai patito la fame ma un uovo poteva fare la differenza».
Cosa la trattiene lì?
«Se avessi 30 anni forse me ne andrei ma a Pavana vivo bene. Eppoi, quando vedi certe serate limpide capisci che ne vale proprio la pena».
Il titolo ‘Tralummescuro’ allude appunto a quell’ora particolare che sta tra la luce e la notte?
«Da queste parti c’è un nome per quest’ora di pace. Quel titolo è la spia del linguaggio che ho adottato e che ho curato fino allo sfinimento. E’ una pratica che ho sempre seguito da ‘Vacca d’un cane’ a ‘Cittanova blues’. Lavoro sull’italiano parlato qui, contaminato dal toscano, e per rendere tutto più chiaro curo le note a piè di pagina e il glossario finale. Adoro le lingue e sono dispiaciuto della scomparsa del dialetto perché se ne va un pezzo di civiltà».
Il 14 giugno compirà 80 anni. Che effetto le fa?
«Sono contento di esserci arrivato e spero di andare ancora avanti. Non faccio bilanci, ci sono state cose positive e altre negative che non rifarei. E’ andata così. Il guaio è che hanno già cominciato a tormentarmi per organizzare feste ma io non voglio far niente. Lasciatemi in santa pace».
Continua il sodalizio con Loriano Macchiavelli?
«Stiamo progettando un nuovo libro e pensiamo di rieditare il personaggio dell’investigatore Santovito, raccontandone un’avventura di gioventù. Per ora c’è stato solo uno scambio di idee, niente di scritto».
Molti si chiedono se nei suoi cassetti siano custodite canzoni inedite...
«Macché, è tutto uscito. Oddio, qualcosa c’è ma è roba dei primissimi tempi che adesso è inascoltabile».
Non fa più concerti ma è sempre in giro per incontri e presentazioni. Ha scoperto un nuovo mestiere?
«In effetti sono quasi più in viaggio adesso che ai tempi delle tournée. Alla mia età è stancante ma, lo confesso, anche molto piacevole. Incontro ragazzi che mi parlano di canzoni scritte quando non erano ancora nati...».
Ha detto che solo i rapper hanno qualcosa da dire...
«Attenzione solo alcuni e con i dovuti distinguo perché la nostra realtà è molto diversa da quella americana. E comunque i rapper sono interessanti perché la canzone italiana si è adagiata sul melenso».