Bologna, 27 febbraio 2023 – Marco Valbruzzi, politologo dell’Università Federico II di Napoli, quale sarà il risvolto su Bologna della vittoria a sorpresa di Elly Schlein al Congresso del Pd?
"Bologna, ancora una volta, è il laboratorio del Pd. Lo era stato con Romano Prodi, oggi la città delle Due Torri torna a giocare un ruolo fondamentale nella vita del partito".
Ecco, il dato significativo è che su Elly Schlein ha puntato forte il sindaco Matteo Lepore.
"Schlein avrà un ruolo fondamentale, ma soprattutto Lepore potrebbe diventare quella pedina in grado di tenere insieme l’anima progressista del Pd con quella riformista, con la quale il sindaco continua ad avere buoni rapporti. Lepore diventa un perno, diventa un un attore cruciale nel tentativo di tenere insieme un partito ora diviso".
Quindi Lepore come gancio di un nuovo centrosinistra?
"Servirà un percorso di avvicinamento di Schlein a Lepore, lui potrebbe essere il gancio per un Pd davvero laburista. Il sindaco di Bologna potrebbe essere il vero vincitore di queste primarie, perché ripeto, potrebbe essere il vero elemento di coesione per il nuovo Pd".
C’è anche il rischio di una diaspora all’interno del partito, anche quello bolognese?
"Il rischio è che una componente moderata, soprattuttto la componente che una volta era renziana, quella liberal, sia tentata una fuoriuscita. Il rischio esiste. Però credo anche che il programma elettorale che ha permesso alla deputata di vincere sia molto meno radicale di come voglia apparire".
In Regione il risultato complessivo, al momento di chiudere il Carlino, è di un sostanziale testa a testa. Di certo, però, c’è che il risultato dei circoli dem è stato riba ltato.
"È la prima volta, un’indicazione chiara da parte degli elettori del Pd, che chiedono un rinnovamento radicale".
Ma il Pd è davvero un partito così facilmente scalabile? Fino a due mesi fa Schlein non aveva nemmeno la tessera.
"Chi si presenta con le credenziali giuste in un partito di sinistra, con un impronta di rinnovamento, o parte con un vantaggio acquisito. Bonaccini si è fatto strappare la carta del rinnovamento, che ha consentito di scalare un partito che resta aperto per definizione. Però l’elemento fondamentale rimane la voglia di cambiamento reale degli elettori. È successo come ai tempi di Renzi, che all’epoca rappresentava una rottura. Certo, l’impronta di Schlein è opposta rispetto a Renzi: la chiave non è la direzione da prendere, ma che si vuole cambiare un partito mutando classe dirigente".