Bologna, 27 settembre 2022 - Prima cosa da fare: capire che cosa è il Pd e quale parte della società vuole rappresentare. Poi verrà il momento di congressi, alleanze e ritorni al governo. È questa la rotta indicata al suo partito da Matteo Lepore, sindaco di Bologna, ultimo bastione del centrosinistra nella Penisola e nel resto dell’Emilia-Romagna. "Abbiamo di fronte anni di opposizione – riconosce con onestà il primo cittadino –, che dovremo interpretare con lealtà verso il nostro Paese e anche con intransigenza, non per noi stessi ma per le comunità che vogliamo rappresentare. Il Pd avrà un futuro solo se saprà rimettersi al centro della società italiana".
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A Bologna, però, il centrosinistra ha tenuto, e il Pd è rimasta la lista più votata. Cosa può imparare il partito nazionale da voi?
"Quello che abbiamo ottenuto qui è un risultato importante e di cui andare orgogliosi, ma con l’umiltà e la consapevolezza che dobbiamo metterci ancora più impegno. Solo lavorando con i cittadini si possono ottenere risultati: il partito bolognese ha organizzato una campagna elettorale efficace di cui dobbiamo ringraziare tutti. Ma il dato locale non ci fa certo dimenticare i numeri nel resto d’Italia. Bologna non è un’isola e non deve comportarsi come tale, anche da qui deve partire il nostro contributo a una riflessione per ricostruire il Pd e il centrosinistra".
Cosa ha sbagliato Letta in questa campagna elettorale?
"La sconfitta non è responsabilità di uno solo, ma di una intera classe dirigente, e nessuno deve sentirsi escluso. Dobbiamo sfruttare questo insuccesso per aprire una nuova fase costituente del Pd. In queste elezioni ci sono partiti che hanno vinto e altri che sono riusciti a rappresentare un pezzo dell’elettorato. Dalle urne esce l’immagine di un Pd incapace di comprendere gli elettori, e questo per colpa della nostra proposta politica".
Un congresso è più che mai urgente, non trova?
"Però su una cosa dobbiamo essere chiari: non bisogna andare in cerca solo di un nuovo leader, che ovviamente prima o poi andrà indicato, dobbiamo ridefinire cosa è il Pd e a cosa serve, chi vogliamo rappresentare. Per farlo non bastano solo il congresso o le primarie".
Cosa serve?
"Diamoci alcuni mesi per organizzarci e, con un gruppo a livello nazionale, iniziamo ad ascoltare i territori. Parliamo con i sindaci, che in questa campagna elettorale non sono stati coinvolti. Incontriamo il mondo del lavoro, che abbiamo ignorato. Andiamo nel Sud, che ha premiato i 5 Stelle o in quei territori dove l’astensionismo è stato forte. Facciamo autocritica su quello che non abbiamo capito e coinvolgiamo non solo i dirigenti, ma i cittadini e il Paese. Il Pd avrà futuro solo se saprà esercitare un ruolo di contatto tra istituzioni e cittadini: questa era la funzione che Berlinguer aveva dato al Pci quando si candidò a essere segretario, ed essere all’opposizione per tanti anni permise al Pci di stare in mezzo a ogni ceto sociale e di crescere in termini di voti. Prima di contarci tra di noi dobbiamo capire chi vogliamo rappresentare".
Tema alleanze: il dialogo con grillini e terzo polo andrà ripreso in qualche modo.
"Ricostruire una coalizione di centrosinistra più ampia possibile è essenziale, ma prima di trovare dei compagni di strada è meglio capire cosa siamo noi".
Da sindaco di Bologna teme rapporti tesi o incomprensioni con il governo di Fd’I?
"Bologna è una città responsabile, e da sindaco, conosco bene il limite tra parte politica e ruolo istituzionale. Io e la mia giunta abbiamo il dovere di dialogare con il prossimo esecutivo, che spero si insedi presto perché abbiamo molto da fare. Io difenderò sempre gli interessi della nostra città e mi auguro che il governo voglia investire su Bologna e sul nostro territorio".