REDAZIONE BOLOGNA

Congresso Pd Bologna, Simona Lembi: "Una donna di destra premier? Smacco per i dem"

Analisi del voto al Centro Costa con il demografo Bovini, il sociologo Anderlini e il politologo Ignazi: "Bologna un’eccezione. Partito sull’orlo di una crisi di nervi"

Congresso Pd Bologna, Simona Lembi: "Una donna di destra premier? Smacco per i dem"

Bologna, 9 ottobre 2022 - “Perché dovrei votare a sinistra? Come formare i nuovi dirigenti? E il lavoro, l’ambiente, i temi mobilitanti dove sono finiti? Perché abbiamo scelto il suicidio non alleandoci col M5S? Hanno ancora senso le primarie?”. Centro Costa, via Azzogardino 44, domenica mattina. Oltre 60 persone in platea per l’iniziativa ‘Pd: ieri, oggi e domani’, organizzata da Simona Lembi, candidata dem alla Camera e responsabile del piano per l’uguaglianza della città metropolitana. Il pretesto è un brindisi con i militanti, ma la ciccia è un’analisi del voto con il demografo e statistico Gianluigi Bovini, il sociologo Fausto Anderlini, il politologo Piero Ignazi, guardando al futuro del Pd. E della sinistra.

“Un Pd sull’orlo di una crisi di nervi”, provoca Ignazi. E sebbene non si addentri nel toto-nomi per il segretario (o segretaria) che verrà tra Stefano Bonaccini ed Elly Schlein, il politologo “lancia” l’ex ministro Fabrizio Barca (nome citato anche dal dem Gianni Cuperlo a ‘Mezz’Ora in più’). Per il resto, assodato che il Pd non va sciolto, resta la domanda delle domande: che fare? Tra il pubblico c’è un terzo di iscritti dem, il resto sono pezzi di Cgil, partiti a sinistra del Pd e qualche elettore 5 Stelle. Confusione, disillusione, difficoltà a trovare una strada “dopo la sconfitta”, rabbia per certe candidature e verso alcuni dirigenti dem “che si sono fatti paracadutare in giro per l’Italia”, è quello che emerge dalla base. Ma anche una certa insofferenza per i gazebo e l’insufficienza di contenuti durante la campagna elettorale.

Da qui, per Lembi, bisogna ripartire “in vista del prossimo congresso. Un congresso che deve ripartire dai valori, ancora prima che dai temi: giustizia sociale, uguaglianze e difesa di tutto il welfare state che abbiamo consolidato”. Non si sbilancia sui nomi che circolano per il congresso che verrà, non cita né Bonaccini, né Schlein, ma insiste convintamente sulla necessità di non dissolvere il Pd. Ma anzi sulla necessità di rilanciarlo. E dopo la denuncia della presidente dem Valentina Cuppi di “un partito maschilista”, ammette “lo smacco” per il Pd che “ad avere una leader sia la destra”.

La seduta di analisi (del voto) prosegue con la convinzione, data dai numeri, che Bologna è un’eccezione. Un’eccezione perché a Bologna il Pd resta il primo partito (con oltre il 33 per cento dei consensi), un’eccezione perché in città i dem non sono solo nella Ztl – a differenza di altre realtà – e l’ex partitone è più forte in periferia (a differenza di come andò nel 2018) Lo conferma Bovini, mostrando mappe particolareggiate. Lo spiega – da sociologo – Anderlini usando la metafora del ‘calco’, cioè di un elettorato che vota in modo tradizionale. “Una tendenza che si vede solo a Bologna, ma non in altre parti d’Italia, dove da tempo il Pd si è spiantato dalle periferie”, concentrandosi nelle grandi città e “tra le classi medio-alte”.

Ma guardando al futuro del partito, difficile per il sociologo – che ammette di aver votato per il M5s, “il vero voto utile”- , un allargamento: “Non bisogna illudersi che recuperi consensi tra i ceti popolari, magari qualcosina può recuperare dalle ex zone rosse. Ma ormai il Pd è il prodotto di un particolare milieu politico-sociale, come quello del vecchio partito socialista, che resta attorno al 14-15 per cento. Ciò che conta è che si tenga stretto almeno quello”, senza farselo scippare dal Terzo Polo di Renzi e Calenda. Per il politologo Ignazi il vero problema è un “Pd sull’orlo di una crisi di nervi”, con un segretario (Enrico Letta) che ha deciso di lasciare “dopo un risultato già scritto”. Del resto, “se sconfitta è stata, la sconfitta è stata politica, non numerica, avendo il Pd guadagnato uno 0,2 per cento rispetto al 2018”. La campagna elettorale? “Avrei insistito di più sulla contrapposizione del rosso e del nero. Perché l’unico elemento mobilitante della sinistra – emerso anche da vari studi – è l’antifascismo”. Il dibattito prosegue su quale sia la linea del Pd, dalla guerra in Ucraina fino alle alleanze. Il congresso è cominciato.