Bologna, 29 novembre 2019 - Giorno dopo giorno Sinisa Mihajlovic sta tornando a fare quello per cui è nato: il leader, ancora prima che l'allenatore del Bologna. Ma il Sinisa che si racconta per la prima volta dopo il trapianto di midollo osseo (l'ultima volta era stato il 13 luglio) è un uomo diverso, che racconta senza paura di mostrarsi fragile la forza che ha ricevuto da tutti, a cominciare dalla famiglia. E che è pronto a tornare ad incidere sulla squadra con la sua solita grinta. Ecco il suo racconto in prima persona.
Alla conferenza stampa che si è svolta al Dall'Ara (foto), in cui il tecnico serbo ha spiegato il percorso di cure (nell'ambito della lotta alla leucemia) che ha seguito fin qui e gli step futuri, si sono seduti l’ad rossoblù Claudio Fenucci, il medico sociale Giovanbattista Sisca, oltre a Francesca Bonifazi e Michele Cavo dell’Istituto di Ematologia Seragnoli dell’Ospedale Sant’Orsola. In sala, per motivi igienici, è stato ammesso l’ingresso a un numero prestabilito di giornalisti e operatori.
Sinisa Mihajlovic si è mostrato in lacrime e visibilmente commosso ("Mi sono rotto di piangere"). A sorpresa sono arrivati anche i giocatori del Bologna: "Siamo stracontenti che sei di nuovo tra di noi, cercheremo di farti contento di nuovo anche in campo". "Fanno di tutto per non doversi allenare", ha scherzato Sinisa. Che poi ha citato anche Vasco Rossi: "Io sono ancora qua".
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"Grazie a tutti - ha rotto il ghiaccio Sinisa, che spesso sospenderà le parole con lunghi silenzi e lacrime -, è stata un'altra dimostrazione di vicinanza e affetto. Ci siamo sentiti l'ultima volta il 13 luglio, In questi quattro mesi difficili ho conosciuto medici straordinari che mi hanno curato e sopportato, sono stato sempre meravigliosi con me. Quando si affronta una malattia del genere è difficile sia fisicamente, sia psicologicamente. Ma ho capito subito di essere nelle mani giuste". L'allenatore rossoblù si è poi commosso nuovamente nel ricordare uno per uno tutti i medici che lo hanno curato.
"Siamo ancora in una fase precoce. Abbiamo bisogno di tempo per cercare di capire la risposta finale" del paziente, "per monitorare Sinisa, le possibili complicanze": è intervenuto così Michele Cavo, primario dell'Ematologia del policlinico Sant'Orsola. Mihajlovic è stato stato circondato da "un affetto trasversale" che "gli ha dato forza". Ma "a dispetto di questo carattere estremamente robusto e vigoroso si è sempre fidato ciecamente di noi anche quando i 'no' gli stavano stretti".
"Le lacrime sono catartiche, depurano - ha proseguito Cavo -. Sono qui a parlare per espressa richiesta di Sinisa. Mi scuso se mi sono negato in questi mesi, ma il motivo è legato alla consapevolezza di essere cauti e prudenti per la caratteristica della malattia e del percorso che si doveva affrontare". Focalizzandosi poi sugli ultimi 30 giorni e sulla remissione della malattia, il medico ha puntualizzato che: "Il risultato ottenuto è stato molto buono, ma il cerchio non è ancora chiuso. Ora, però, siamo felici di averlo restituito in splendida forma al mondo sportivo e non solo".
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"Mi sono sentito molto protetto, parte di una famiglia - ha ripreso Mihajlovic -. Grazie a tutti i tifosi e soprattutto a queli del Bologna che sono stati unici, mi hanno adottato come un figlio. Anche lo staff e i giocatori sono stati fantastici. Il più sentito grazie però va alla mia famiglia. A mia moglie che è stata tutti i giorni con me e mi ha dimostrato che sono molto fortunato ad avere una donna così accanto. Ti amo. Poi alle mie figlie, che sono la mia vita. Quando c'era il problema di trovare il donatore, hanno accettato subito di fare il test per la compatibilità. E' stato un gesto d'amore non scontato. Anche mio fratello l'ha fatto. Un grazie va infine a mia madre che vive in Serbia”. Inoltre, è arrivato anche un aneddoto su Mancini: "Con Mancio non ci parlavamo da 4 anni, l'ho sentito molte volte".
"Ho passato quattro mesi tosti, chiuso in una stanza d'ospedale con aria e acqua filtrati - ha aggiunto Mihajlovic, fermando il respiro a ogni passaggio -. E' stato un incubo. Voglio dire agli altri pazienti che non si devono sentire meno forti se non affrontano la malattia come ho fatto io, non si devono vergognare e non devono mai perdere la voglia di vivere. E' una malattia bastarda, ci vuole pazienza. Prendo 19 pastiglie al giorno, sono dimagrito tanto, 13 chili la prima volta, ma pian piano riprenderò la forza. Non sono ancora alla fine, anche se per me lo è, perché sono fuori da quell'ospedale. Oggi do importanza alle piccole cose di cui prima non mi accorgevo. Se vorrei conoscere il mio donatore? Ci terrei, perché ha fatto una cosa non scontata e molto bella. Ma non si può. Però magari gli farò arrivare un messaggio".
E sul prossimo futuro ha ammesso: “Si ragiona giorno per giorno, posso andare al centro sportivo, ma non stare molto tempo al chiuso con le persone. Posso stare fuori, ma se non piove. Non posso andare allo stadio e viaggiare. Ma non è detto che non ci sarò al Dall'Ara contro il Milan o con l'Atalanta, oppure con tutte e due”.
Il tecnico del Bologna si è anche soffermato sul momento della squadra: "Sono incazzato per i risultati e per le ultime prestazioni". E poi ha speso qualche parola anche su Ibrahimovic: "Ci siamo parlati una decina di gironi fa, vediamo quello che succede. Se viene a Bologna, viene per me. E' interessato. Quando avrà preso una decisione mi chiamerà, ma non credo avverrà prima del 10 dicembre”.
Dopo il dottor Cavo, ha fatto un'analisi del quadro clinico anche la dottoressa Bonifazi, che ha eseguito il trapianto di midollo: "Ad oggi c'è un'assenza di complicanze nel decorso post trapianto. Le condizioni sono soddisfacenti. Ma occorre cautela, i primi cento giorni sono i più delicati perché il sistema immunitario è ancora fragile. Il ritorno alla vita normale avverrà gradualmente. Valuteremo di volta in volta la possibilità che lui possa essere presente".
Infine, l'ad Fenucci. Che si è lasciato andare a un pensiero pieno di affetto: "Sono strafelice di riaverlo qui. Mihajlovic ha rafforzato il sentimento di fraterna amiciza che ci lega a lui. Grazie anche per tutto quello che ha fatto l'ospedale Sant'Orsola, sotto il profilo professionale e umano".