Toscanella di Dozza (Bologna), 24 maggio 2016 - Leo e Walther Carmonini, come quasi tutti a Toscanella lavoravano nelle Cantine sociali. Erano gli anni ’50: venne in paese un vecchio amico che era stato in America e disse che da quelle parti spopolavano le buste di patatine fritte. «Si potrebbe farle qua, e perché no?». Così – con un nome americano – nacque la ‘Twists products’ (video), che a un certo punto decise di introdurre nella produzione artigianale anche le chiacchiere salate, prodotto della tradizione, povero e diffusissimo.
Alessandro, Rita e Lorenzo, figli di Leo. Oggi la Twists siete voi e nessun altro.
«Tre soci, ma anche i tre unici dipendenti. Ha davanti a sé i capitani d’impresa, i commerciali, l’amministrazione, ma anche gli impastatori, i friggitori, gli imbustatori…».
Complicato?
«Divertente. Amiamo il nostro mestiere e amiamo le chiacchiere».
Siete rimasti in pochi a produrle?
«Siamo rimasti gli unici, direi».
Se domani la Twists chiudesse?
«Le chiacchiere della tradizione bolognese e ferrarese non esisterebbero più, a eccezion fatta di qualche vecchio panificatore».
È un prodotto molto diffuso?
«Non più come una volta quando le patatine non c’erano ancora e le chiacchiere salate erano l’unico snack che si poteva trovare nei bar, e quando le casalinghe se ne facevano dare una busta da mangiare per strada o da tenere per la merenda dei bimbi».
Voi oggi a chi vendete?
«Ai bar, nei supermercati e ai gestori di distributori automatici. La ricetta è triplice: classiche, alla cipolla e al rosmarino».
Non fate più patatine fritte?
«Su quel settore non saremmo più competitivi. Direi, anzi, che non lo siamo mai stati: troppi colossi. Ma le chiacchiere sappiamo farle solo noi».
La ricetta?
«Segreta, nostro padre e nostro zio la ebbero da un panificatore ferrarese».
Si sarà complicata, negli anni.
«Non troppo. Abbiamo inserito le varianti al rosmarino e alla cipolla. Ma continuiamo a non usare conservanti, coloranti, additivi. È il motivo per cui non abbiamo molto magazzino. Se arriva un ordine spegniamo i computer e avviamo la produzione con tempi di consegna brevissimi».
Temete che il vostro prodotto possa non avere più mercato?
«No, e sa perché? Le chiacchiere a differenza degli snack industriali a base di patata e chissà cos’altro hanno la stessa pasta del pane. E sono sane, genuine e buonissime. Non c’è una persona, amico o cliente, a cui le abbiamo fatte provare che non abbia finito tutto il sacchetto. Stiamo cercando di portarle anche all’estero».
Ci riuscite?
«La prima fattura internazionale è di quest’anno. È frutto di un impegno che ci siamo presi, partecipando a fiere negli Usa, a Dubai e in Olanda. Ma guardi che fuori dall’Emilia-Romagna e parte del Veneto le chiacchiere non sono note. La fatica è farle provare, poi tutti se ne innamorano».
Lunga vita alle chiacchiere.