Bologna, 20 luglio 2022 - Una casa di proprietà. La desiderano anche i bolognesi molto giovani, con una netta inversione di tendenza rispetto al passato, ma il sogno per tanti, troppi, è proibitivo: un’offerta molto bassa che genera prezzi molto alti. Il quadro emerge dall’analisi effettuata dal Caf Acli di Bologna sulle dichiarazioni Isee, 730 e Imu presentate all’associazione. Un campione significativo, visto che si parla di quasi novemila bolognesi che hanno richiesto l’assistenza del Caf, ad esempio per il calcolo dell’Imu, con un gettito per il Comune che, solamente considerando i residenti in città, è stato di oltre tre milioni di euro.
"Nonostante le incertezze sul futuro, a Bologna c’è una straordinaria attenzione alla casa, con un record di compravendite effettuato lo scorso anno pari a 6.500 e quest’anno la situazione non si presenta diversa – sottolinea Marco Marcatili, responsabile Sviluppo Nomisma –. Ma a questa domanda per una casa di proprietà corrisponde una forte dipendenza dai mutui: anche a Bologna non c’è più liquidità, oltre a esserci una carenza di offerta. Il rischio è che anche Bologna diventi come Milano: una città esclusiva, fatta per pochi, ma questo non deve succedere. Serve la collaborazione di amministrazione, associazioni, proprietari e agenzie specializzate".
Altro mito che la ricerca ha voluto sfatare è quello che chi ha una casa di proprietà in città sia una persona ricca: "Il 56 per cento dei proprietari – prosegue Marcatili – afferma di non avere un reddito adeguato ad affrontare le spese di casa, soprattutto in vista del prossimo autunno, mentre un 35 per cento dichiara che se arrivasse una spesa non pianificata di 5mila euro non saprebbe come affrontarla".
Sul tema insiste anche Chiara Pazzaglia, presidente Acli: "Per molti anziani, avere una casa di proprietà inizia a essere un peso, soprattutto se sono soli ed hanno bisogno di assistenza. Senza contare gli studenti che non riescono a trovare un alloggio a prezzi ragionevoli e, per questo, ci dicono che devono rinunciare a iscriversi all’Università di Bologna, poi ci sono i lavoratori di aziende che arrivano da fuori: anche per loro trovare un alloggio e riuscire a vivere con uno stipendio, magari di 1.400 euro, diventa un problema molto serio se per l’affitto ne devono spendere 800. Questo – prosegue – ha un riflesso anche sulla natalità: abbiamo osservato che nelle famiglie con una casa di proprietà la tranquillità è maggiore, quindi c’è più propensione a fare figli. Purtroppo se prima si faceva affidamento sui genitori o nonni per l’acquisto – riflette – anche i redditi e i risparmi di questi si stanno erodendo, tra inflazione e costi generali crescenti. Di questo passo rischia seriamente di venire meno anche quel patto generazionale che tanto ha aiutato. Sfatato anche il mito da lockdown – dichiara la presidente – secondo cui tutti saremmo andati a vivere in campagna: chi necessita di una stanza in più e, quindi, di comprare una nuova casa in realtà si trova ora a fare i conti con un aumento del 5 per cento circa dei prezzi di mercato a Bologna".
Eppure, almeno in parte, la questione abitativa potrebbe essere mitigata: "Solo dai dati relativi alle persone che si sono rivolte al nostro Caf, ci sono oltre 1.100 abitazioni, in città che sono vuote. Sono seconde case, ma non sono state messe a disposizione di nessuno. Dopo l’appello anche del nostro cardinale Matteo Zuppi per l’accoglienza degli profughi ucraini qualcosa si è mosso – fa notare Filippo Diaco, presidente Patronato Acli Bologna – ma c’è ancora tanto da fare. Sicuramente il tema lavoro non aiuta: anche questo è un problema, chi lo perde o non ha un guadagno adeguato è già in difficoltà per l’alloggio".