di Benedetta Cucci
"Stavo guardando Man Ray…". Oliviero Toscani rompe il silenzio a Palazzo Albergati, seduto davanti al cartellone pubblicitario della sua mostra ’80 anni da situazionista’ inaugurata ieri, dopo la presentazione del curatore Nicolas Ballario, in diretta su skype. Ascoltandolo, lo si immagina in giro per l’esposizione che si è aperta al piano di sotto, contemporaneamente alla sua, dal titolo ’Photos!’, davanti agli scatti iconici del maestro dadaista: ’Cadeau’, ’Noir et Blanche’, ’Le violon d’Ingres’. E invece Toscani stava proprio parlando di quando lo guardava dal vero, nel suo studio a Parigi, perché il fotografo milanese lo andò a trovare negli anni Settanta. "Mentre mi passava le sue cose da fotografare mi diceva: sai che adesso, dopo aver fatto la mostra con Schwarz a Milano, mi hanno invitato in giro… finalmente si viaggia!’… e aveva più di 80 anni".
Più o meno l’età di Toscani oggi, visto che è nato nel 1942. E probabilmente con la stessa luce negli occhi che corrisponde al modo illuminato di guardare il mondo di questo situazionista, da sempre in relazione con la fotografia e con la pubblicità. Ha visto un bel mondo Toscani – nel bene e nel male – e ha avuto la fortuna e il talento di saperlo immortalare e raccontare con il suo stile che è diventato virale (ben prima dei social): la grande novità del suo approccio alla fotografia pubblicitaria, infatti, consiste da sempre nel raccontare le problematiche sociali del momento e inserirle nelle pagine patinate della pubblicità, nei cartelloni in giro per la città. Provocando, facendo male al perbenismo e quindi obbligando a riflettere.
Ecco il situazionismo. Lo spiega bene lui: "Sono un situazionista: l’immagine la trovo tra le cose che offre la realtà. Mi si pone davanti un problema, ci ragiono, lo analizzo e l’idea viene fuori". Come successe nel 1991, quando alla Festa dell’Unità di Bologna creò un’installazione coi visi di migliaia di tesserati, le famose ’Facce da comunisti’. Certo che la cultura fa tanto. E basta muoversi tra le sale della mostra al primo piano del palazzo, per capire. Il video con scatti di guerra mixati a celebri dipinti e intitolato ’Wart’, stabilisce un nesso tra bellezza e tragedia e forgia uno sguardo. Come per Pier Paolo Pasolini (similitudini ce ne sono sul terreno di un forte anti-moralismo), che, guarda caso, nel 1973 ammonì dalle pagine del Corriere, i facili moralismi di chi aveva polemizzato con il celebrer scatto di Toscani per i jeans ’Jesus’, immortalando il fondoschiena della sua compagna e sovrapponendo la scritta ’Chi mi ama, mi segua’.
È questo manifesto che apre la sfilata di 100 fotografie (e video e copertine dei mitici magazine ‘Colors’) che fanno la storia dell’artista Toscani per il quale la fotografia è sempre e ancora azione culturale. Con queste premesse l’ingresso di Palazzo Albergati, da ieri incorniciato dai manifesti con la faccia di Oliviero Toscani da una parte e ‘Le violon’ di Man Ray dall’altra (ovvero la schiena della modella dell’avanguardia parigina Kiki de Montparnasse, con i tipici fori dello strumento ad arco impressi sulla pelle nuda che la trasformano in violino) accoglie lo spettatore alla scoperta di un viaggio artistico tra due mondi in effetti molto vicini.
Anche perché un collezionista – in questo caso lo spagnolo Juliàn Castilla – che decide di condividere con ’Photos!’ i suoi tesori, 70 opere di Cartier-Bresson, Doisneau, Capa, Horst P Horst, aprendoli allo sguardo comune, si salva dall’anatema di Toscani che esclama: "L’arte è stata uccisa dalle gallerie e dai musei ed è diventata prodotto per ricchi collezionisti che comprano i quadri e li mettono nei bunker delle banche a Ginevra, così che un grande quadro, voi non lo vedrete mai più! E’ una roba di una cattiveria...".
Entrambe le mostre restano aperte fino al 4 settembre.