BENEDETTA CUCCI
Cultura e spettacoli

‘Il ragazzo dai pantaloni rosa’, la regista: “Il mio cinema racconta la verità dell’animo umano”

Dall’alluvione al red carpet: Margherita Ferri presenta il suo lavoro. La storia è quella di Andrea Spezzacatena, il 15enne che nel 2012 si è ucciso a Roma a causa degli atti di bullismo e cyberbullismo di cui era vittima

Bologna, 3 novembre 2024 – Dal fango al red carpet è stato un attimo a dissolvenza incrociata di inquadrature senz’altro discordanti. Ma è andata proprio così per la regista Margherita Ferri, alluvionata nella sua Bologna il 19 ottobre, che in una manciata di giorni è passata sotto i riflettori della Festa di Roma, dove presentava Il ragazzo dai pantaloni rosa, incentrato sulla storia di Andrea Spezzacatena, il 15enne che nel 2012 si è ucciso a Roma a causa degli atti di bullismo e cyberbullismo di cui era vittima. Il film pone questioni urgenti e il suo arrivo in sala il 7 novembre è stato preceduto da polemiche dei genitori di una scuola media di Treviso nei giorni scorsi, che poi si sono ricreduti dando il via libera alla proiezione.

La regista Margherita Ferri
La regista Margherita Ferri

Margherita Ferri, si è ripresa dall’alluvione?

“Sono proprio qui che devo decidere che macchina ricomprare, perché l’acqua ha sommerso il cortile della palazzina di via San Mamolo dove vivo. Quando è arrivata la forte pioggia ero a Milano e non sono riuscita a tornare in tempo per spostare l’auto. A dire il vero non sono nemmeno riuscita ad arrivare a casa, la strada era un fiume”.

Poi è partita per Roma. Com’è andata la prima?

“La prima serale è andata benissimo. Per me la cosa più bella, oltre alla sala, è stato avere la madre di Andrea, Teresa Manes, che prima della fine del film mi ha picchiettato le dita sulla spalla con le lacrime agli occhi, tirando su i pollici in segno di approvazione e ringraziandomi. Poi sì, alla proiezione della mattina ad Alice nella città ci sono state delle reazioni denigranti da parte di alcune persone ma certamente sono la riprova di quanto fare un film così fosse necessario, perché il bullismo omofobico esiste e fa parte della vita dei ragazzi. Alla fine di questa proiezione ho sentito solo applausi, lacrime e ho visto abbracci”.

Foto di scena del film "Il ragazzo dai pantaloni rosa" (Ansa)
Foto di scena del film "Il ragazzo dai pantaloni rosa" (Ansa)

Era importante evitare una certa retorica nella regia?

“Sì, la retorica doveva essere evitata. Già leggendo la sceneggiatura che ho amato subito, avevo apprezzato che i personaggi non venissero mai giudicati. Christian, il bullo, è chiaramente un antagonista, però credo che il cinema debba raccontare la verità dell’animo umano nel bene e nel male. Ho cercato di capire, ad esempio con Andrea Arru che interpreta Christian, quali fossero le motivazioni del personaggio. Perché fa queste cose tremende? Il male non viene da un altro pianeta. Lui è un ragazzo che subisce la pressione sociale delle aspettative che si hanno sui maschi, le incarna tutte: se teme che il suo essere maschio alfa venga messo in dubbio, se la prende con Andrea, buttando su di lui le paure”.

Ci sono escamotage più artistici che ha voluto utilizzare?

“C’è una scena, una delle mie preferite, in cui si vede l’uscita da scuola alla fine del primo anno di liceo, dopo che Andrea ha subìto uno scherzo, a una festa. È una scena colorata e vivace a rallentatore, dove tutti si tirano i gavettoni, ma Andrea cammina in mezzo alla gente e nessuno lo coinvolge. Lui è fuori dai giochi e alla fine un gavettone lo colpisce in faccia. Il cinema è metafora, è poesia e questa per me è stata la metafora visiva che rappresenta il concetto di esclusione”.