Bologna, 28 novembre 2024 - Non poteva che essere Alaska baby la prima traccia, la dichiarazione di intenti, l’inizio di grande impatto – fra fiati e reminiscenze brit pop, Beatles e Beach Boys – nei cori del nuovo album di Cesare Cremonini. Questo è il titolo infatti dell’ottavo disco, di cui il cantautore bolognese è produttore artistico assieme ad Alessandro De Crescenzo e Alessio Natalizi, che uscirà domani.
Ma è anche la prima frase che Cesare ha pronunciato arrivando agli estremi confini di questi Stati Uniti dopo essere partito da Antigua, nei Caraibi, ed essere arrivato fino al Circolo Polare artico. Due mesi negli Stati Uniti, fra Nashville, New Orleans, Memphis, la California, che sono raccontati anche in un un film, Alaska Baby, il documentario che si vedrà prossimamente su Disney +.
Un racconto che si apre però nella casa bolognese dell’artista, dopo 45 giorni di nebbia. Il periodo è particolare, dopo quel tour del 2022, culminato nel concerto storico a Imola davanti a più di 70mila persone. Ecco allora quei periodi bisogna scrivere per non far riempire di demoni la stanza. E allora è necessario “spegnere l’ego”. E partire, cercando il sole. Prima ad Antigua, poi Miami e poi sempre più a ovest seguendo Bob Dylan, Johnny Cash ed Elvis. L’approdo è quel lago ghiacciato in cui arriva, inaspettato, il messaggio di Elisa. La sua canzone si trasforma in Aurore Boreali, che segue il singolo, subito premiato dalle radio, Ora che non ho più te. Nella limpidezza dell’Alaska Cesare ritrova anche i suoi portici, la luce che “si fa camminare”, San Luca, la Madonna che va a trovare prima e dopo i tour. Così forse come Carboni, che duetta con lui in mezzo a una grande pianura, che fa paura e attrae come un oceano.
Un ruolo speciale per Cremonini lo ha però Ragazze facili, la prima collaborazione con quel Mike Garson legato al grande Bowie: ritroveremo il suo piano anche nella discesa di Dark Room e in Acrobati, che chiude l’album. Per Cesare questa, così come era stato per Nessuno vuole essere Robin o Le sei e ventisei, è una vera “opera”, in cui sentirsi nudi davanti al giudizio degli altri, spogliati di ogni difesa. A raccontare il coraggio e la paura di amare, torna la voce di Elisa nei cori, mentre le sonorità cambiano completamente ne Il mio cuore è già tuo, assieme ai Meduza e la loro house. Non manca la leggerezza di brani come Limoni e Streaming, che strizzano l’occhio all’elettronica e ai sound anni Ottanta. E lì, in quel “sei una poesia nello streaming”, ecco un nuovo inno del nostro tempo.