Bologna, 7 ottobre 2024 – L’erbario di Ulisse Aldrovandi, custodito dall’Università di Bologna e di gran lunga il più importante a livello mondiale, ha recentemente risolto un caso botanico.
Una questione che, chissà, sarebbe stata apprezzata certamente da Miss Marple, l’arguta vecchietta alter ego di Agatha Christie, appassionata di giardinaggio e botanica. Si tratta del caso del nasturzio nano, pianta originaria del Sud America, oggi scomparsa nel nostro Paese, arrivata in Italia sul finire del ’500, decenni prima di quanto creduto finora: una scoperta possibile grazie al patrimonio di erbari rinascimentali custoditi dall’Alma Mater che è oggi protagonista del nostro podcast ’Il Resto di Bologna’, ascoltabile online.
Tra questi, il più importante per la scoperta è quello di Ulisse Aldrovandi, naturalista, botanico ed entomologo, creatore di uno dei primi musei di storia naturale. Proprio tra le sue pagine, infatti, datate tra il 1551 e il 1586, era serbato questo segreto, meravigliosamente catalogato.
La pianta della famiglia delle Tropelacee originaria del Sud America, è stata sostituita dal più resistente nasturzio comune (Tropeolum majus L.), quel fiore dalle sembianze di campanula e dai colori giallo, rosso, arancione accesi, che è pure commestibile. “Il nasturzio nano è stato importato in Europa intorno al 1570 ed era piuttosto popolare nei primi decenni del Seicento, sia come medicinale che come specie ornamentale, e come verdura commestibile”, dice Fabrizio Buldrini, botanico del Dipartimento di Scienze, che ha guidato lo studio con Umberto Mossetti e Juan Francisco Morales e pubblicato su Rendiconti Lincei Scienze Fisiche e Naturali .
b. c.