FRANCESCO MORONI
Cultura e spettacoli

L’erbario di Aldrovandi sul ‘Guardian’: “Le piante testimoniano come cambia il clima”

La ricerca dell’Alma Mater mostra gli effetti degli stravolgimenti atmosferici e dei flussi migratori sulla flora: scomparsa l’erba madre, i gerani anche a bassa quota

Ulisse Aldrovandi, genio bolognese: il suo erbario finisce sul 'Guardian'

Ulisse Aldrovandi, genio bolognese: il suo erbario finisce sul 'Guardian'

Ulisse Aldrovandi alla conquista del Guardian. Il noto quotidiano inglese cita il grande naturalista rinascimentale e il suo erbario di "inestimabile importanza": merito di una ricerca condotta dall’Alma Mater insieme al Sistema museale di ateneo, con l’associazione scientifica britannica Royal Society, che ha messo in luce alcune scoperte grazie al lavoro di Aldrovandi, soprattutto su come il cambiamento climatico e i fenomeni migratori abbiano stravolto il paesaggio bolognese. Al centro dello studio le infiorescenze e le piante raccolte, catalogate e conservate dal botanico, dal 1551 al 1586: circa 5mila esemplari.

"Uno strumento unico, che ci permette di andare molto indietro nel tempo – racconta Juri Nascimbene, professore del dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, referente dello studio insieme a Fabrizio Buldrini –. Aldrovandi ha esplorato il territorio bolognese con l’occhio di un botanico attuale, che vuole recensire la biodiversità del territorio e non focalizzarsi solo sugli usi medicinali delle piante. E questo è evidente nella struttura del suo erbario, anche grazie alla geolocalizzazione che attribuiva ai reperti". E così, quasi 500 anni dopo, gli stessi esemplari minuziosamente conservati stanno aiutando i botanici ad analizzare e comprendere gli enormi cambiamenti avvenuti in zona.

Analizzando l’erbario, si può capire infatti come i colli bolognesi fossero ricchi di specie oggi in via d’estinzione o scomparse, come l’erba madre, usata per fini medici e oggi non più presente in zona. Secondo lo studio il numero di specie è aumentato nel corso dei secoli, mentre è diminuita la qualità della flora.

"All’inizio del processo siamo partiti con l’idea che l’erbario di Aldrovandi avesse caratteristiche tali da fornire informazioni per mappare e tracciare i cambiamenti della flora bolognese – prosegue Nascimbene –. Così abbiamo confrontato i suoi reperti con quelli ottocenteschi e con quelli più recenti".

Due le principali scoperte: in primis l’aumento delle specie non autoctone, dato che all’epoca del naturalista solo il 4% proveniva – ad esempio – dall’America. Peperoni e zucchine, nello specifico, sono arrivati soltanto dopo le scoperte nel Continente, dimostrando l’importanza dei flussi commerciali con l’Europa. Non solo: lo studio pone l’accento anche sulla piccola ‘Era glaciale’ a metà ‘800 e sugli effetti prodotti sulla vegetazione locale. Alcune specie tipicamente montane, come alcuni gerani, erano solite crescere solo a 1.700 metri sopra il livello del mare, mentre dal confronto con reperti più recenti, emerge come abbiano iniziato a prendere vita anche a 800 metri.

Lo studio alza i riflettori sull’importanza di conservare le piante secche, come faceva Aldrovandi: "C’è chi critica l’erbario per la qualità e i costi di mantenimento – conclude il docente –, ma non è così: questa ricerca dimostra, da una parte, l’importanza di una conservazione di questo tipo e, dall’altra, la necessità di incrementare ulteriormente questo tipo di raccolta".