Bologna, 8 novembre 2024 – Bergamo, 1520. Il giovane rampollo Anselmo ha perso amici e famiglia a causa della peste e, nel suo vagabondare, incontra e si innamora di Lucrezia, figlia del mago Geronte. Il quale non la prende benissimo e, sfruttando le capacità divinatorie per cui è noto, prevede che Anselmo morirà trascorso un anno esatto dall’incontro.
Da quel momento, la vita di Anselmo cambia, se in meglio o in peggio lo si scoprirà leggendo ’La novella dell’avventuriero’, il graphic novel scritto da Alessandro Tota, disegnato da Andrea Settimo, pubblicato da Coconico Press-Fandango e presentato la scorsa settimana a Lucca Comics 2024.
Settimo, da dove nasce l’idea de ’La novella dell’avventuriero’?
“Lo sceneggiatore, Alessandro Tota, lesse l’omonimo romanzo incompiuto di Arthur Schnitzler (l’autore di ‘Doppio sogno’, da cui Stanley Kubrick prese spunto per il celebre ‘Eyes wide shut’, ndr) quando aveva 15 anni e, da allora, ha sempre desiderato farne un fumetto. Molti anni dopo, ci siamo incontrati a Bologna durante BilBolBul e mi ha proposto di disegnare questa storia”.
Come si è avvicinato alla realizzazione di questo fumetto?
“Alessandro mi ha passato uno storyboard più che una sceneggiatura vera e propria, con una prima versione del libro. Poi, a parte alcuni cardini fissi nei cambi delle scene e nei dialoghi, mi ha dato totale libertà: mi sono ritrovato in questo parco giochi dove ho conservato alcuni degli spunti grafici che mi aveva suggerito lo scrittore. Durante la realizzazione, che è durata in tutto quattro anni, compresi i rallentamenti e le pause dovuti al periodo Covid, ci siamo parlati continuamente, rivedendo i dialoghi”.
Il tema del racconto è quello del destino: la nostra vita ha un percorso determinato al quale non possiamo sottrarci o siamo artefici del nostro futuro? E soprattutto, lei è riuscito a forgiare il proprio destino?
“Beh, secondo me no (ride, ndr). Me lo sono chiesto diverse volte: quando pensavo di esserci riuscito, ho scoperto che non era così. Diciamo che è una ’forgiatura’ quotidiana...”.
Però di mestiere fa quello che le piace, non è poco...
“Sì, e da questo punto di vista sono molto fortunato. Contemporaneamente, la professione del disegnatore è sempre ’intossicata’ dal fatto che ognuno vuole fare meglio, non ci si sente mai a posto con se stessi”.
Lei è arrivato a Bologna per frequentare l’Accademia di Belle Arti. Ma poi c’è rimasto a vivere, come mai?
“Io vengo dalla provincia di Padova e qui nel lato culturale e artistico ho trovato sempre terreno fertile per alimentare le mie passioni. Poi sono nate delle amicizie, ho conosciuto qui la mia compagna. È una città accogliente, anche se è un po’ cambiata”.
E ha un suo posto del cuore?
“San Donato, dove vivo, è lo spicchio di città che mi sono scelto. Ma sono molto legato alle zone dell’Appennino vicine a Lizzano in Belvedere”.