TALENTO più precoce rispetto al fratello maggiore Ubaldo, Gaetano Gandolfi (San Matteo della Decima, 1734 - Bologna, 1802) ne ricalca la formazione accademica seguendo i corsi di Torelli, Graziani e Lelli.
I biografi ricordano, dei due fratelli, la vocazione alla pittura ed il talento dimostrato sin da piccoli. Gaetano esordisce ventenne con il ‘San Girolamo’ di Bazzano (1756), e già nella ‘Vocazione di San Giacomo’, della stessa chiesa, mostra di affrancarsi, in virtù di un classicismo più filtrato, dai retaggi locali che ancora avviluppano Ubaldo. Si cimenta anche nell’arte plastica con terrecotte eseguite per il suo protettore Antonio Buratti e con una serie di copie grafiche di capolavori locali, custodite presso la Fondazione Carisbo di Bologna.
 

Scomparsi dal palcoscenico artistico sia il Crespi (1747) che il Creti (1749), l’arte di quel periodo attraversa un momento di stasi con figure minori, ma la presenza sul soglio pontificio di papa Lambertini, che voleva che la nostra pittura tornasse ai fasti del passato, agevola le cose. E Gaetano corrisponde alle aspettative del papa: si afferma pubblicamente come pittore, in particolare con la grande pala di Castel San Pietro (1759) ed essendo nominato, l’anno prima, accademico effettivo presso la Clementina. La strada è spianata verso le prestigiose committenze religiose, ma anche profane, all’insegna di un neo-barocco efficace quanto elegantemente siglato. Ne troviamo esempi nelle ‘Nozze di Cana’ e negli affreschi per il convento di San Salvatore (1775), nella cupola di Santa Maria della Vita (1779), nella ‘Morte di Socrate’ per monsignor Trenta, vescovo di Foligno (1782), e nella pala per la stessa città (1789). La sua fama pittorica continua ancora oggi, non solo localmente, ma anche a livello internazionale. Il figlio Mauro continuerà la sua ultima maniera.