ANGELO VARNI
Cronaca

Vittorio De Sica e le stelle. Una folla al Metropolitan per la prima di ’Umberto D.’

Alla proiezione star come Gina Lollobrigida, Gino Cervi e Paolo Stoppa. L’evento si tenne nell’ambito della ’Settimana del film d’eccezione’.

Alla proiezione star come Gina Lollobrigida, Gino Cervi e Paolo Stoppa. L’evento si tenne nell’ambito della ’Settimana del film d’eccezione’.

Alla proiezione star come Gina Lollobrigida, Gino Cervi e Paolo Stoppa. L’evento si tenne nell’ambito della ’Settimana del film d’eccezione’.

di Angelo Varni

Nel gennaio 1952 Bologna visse un momento di eccezionale notorietà nazionale e di coinvolgimento emotivo all’insegna di un avvenimento cinematografico, rappresentato dalla proiezione in prima mondiale di ’Umberto D.’ di Vittorio De Sica, il regista ormai di fama internazionale per aver già vinto due premi Oscar con Sciuscià e con Ladri di biciclette. Nell’ambito, infatti, dei film previsti dall’Associazione Stampa Emiliana per la ’Settimana del film d’eccezione’, i cui proventi dovevano rimpinguare il fondo d’assistenza ai giornalisti disoccupati e bisognosi, fu chiamato De Sica a chiudere, con questa inedita proiezione, una serie di pellicole scelte tra le più significative del panorama mondiale (dalla Polonia con Ultima tappa, alla Francia di Sotto il cielo di Parigi presente il regista Duvivier, dall’Inghilterra di Sangue blu all’URSS con Uomini coraggiosi, dagli USA con Uomini ed ancora alla Francia col Dottor Knoch).

Tutti i giornali cittadini diedero uno spazio significativo all’avvenimento, giungendo a dire (“l’Unità” del 21 gennaio) che "Bologna ha vissuto per un giorno l’atmosfera della più celebre città del mondo cinematografico". E a sua volta Il Giornale dell’Emilia (avrebbe ripreso il nome “storico” di Resto del Carlino l’anno dopo) affermava come si stesse creando ormai a Bologna "l’atmosfera di una piccola Venezia". Presenti alla proiezione svoltasi al cinema Metropolitan, tra gli altri, Cesare Zavattini, il critico Luigi Chiarini, Gina Lollobrigida, Nadia Gray, Gino Cervi, Paolo Stoppa.

Lo stesso De Sica sentì il dovere di giustificare la scelta di Bologna, rispetto ad altre città (Roma, Milano, Torino) che gli erano state affettuosamente vicine in tante precedenti occasioni, innanzi tutto per gli scopi benefici dell’iniziativa, poi per il ricordo del suo amico e collaboratore Gherardo Gherardi (sceneggiatore, regista e commediografo bolognese), ma soprattutto per il desiderio "di chiedere il primo giudizio su un’opera che io stesso reputo difficile e forse ingrata, a un pubblico meno smaliziato e informato di quello di Roma (e anche di Milano), comunque non legato da simpatie di lavoro e magari di interessi alle cose del cinema. Pubblico, adunque – spiegava il regista – obbiettivo e sereno; e pubblico come pochi assuefatto alle belle battaglie dell’Arte, sulla scia di una tradizione teatrale e letteraria che sempre si rinnova".

Ecco perché aveva deciso di recarsi a Bologna: "Tornerò a giorni nella città di Gherardi, nella terra di Morandi che ammiro come artista e cui sono affezionato come uomo". Non mancò, infatti, una visita al pittore, che gli fece dono di un quadro.

L’Associazione Stampa Emiliana pubblicò per l’occasione un libretto di Omaggio a De Sica, prefato da Zavattini, con scritti del critico e giornalista Pietro Bianchi, ’Favole per le strade’ ("Ecco: semplicità d’espressione, lezione dei grandi maestri, tesori di sentimentalità delicata sono il dono che De Sica e Zavattini han portato al cinema nostro"), di G.B.Cavallaro (il critico cinematografico dell’Avvenire d’Italia), ’Presenza dell’infanzia’ ("Forse il legame maggiore fra De Sica e il mondo dei bambini è una specie di nostalgia mitica per un favoloso paradiso perduto, che egli vorrebbe riportare al mondo. Più che perduto, un paradiso profanato, guastato dall’uomo"), di Renzo Renzi, ’Gli eroi di casa’ ("Le opere di De Sica incrementano un nuovo spirito, hanno aperto nuove prospettive, adoperando il cinematografo non soltanto come rappresentazione artistica di teorie già annunciate, ma esso stesso – per via di intuizione – come possibile campo di ricerca per la formulazione di nuove teorie"), di Enzo Biagi, ’Un’immagine viva’ ("L’attore De Sica si salva dalla banalità che trionfa in quegli anni [il riferimento è a prima della guerra] ,e forse a quelle esperienze, a quelle interpretate davanti alla macchina da presa, non poco deve anche il regista di oggi"), di Lamberto Sechi, ’Fedeltà ai personaggi’ ("Solo De Sica è rimasto fedele ai Personaggi – con la P maiuscola – De Sica è quel regista che non volle Cary Grant a protagonista di Ladri di biciclette e rinunciò così a un sicuro motivo di successo che avrebbe, però, storto il personaggio, lo avrebbe persuaso ai suoi difetti e anche alle sue qualità, ma in ogni modo lo avrebbe modificato").

Era una Bologna che dimostrava, una volta di più, di testimoniare una partecipe adesione ad una cultura cinematografica già ben radicata in città e che sapeva guardare con consapevole attenzione alle proposte di una produzione artistica in grado di leggere le trasformazioni in atto nella realtà di quei tempi di ricostruzione della società dopo le chiusure del ventennio in camicia nera e la tragedia della guerra.