Mantovani
Ho letto con attenzione l’editoriale dal Vicedirettore Baroncini, sulla chiusura della scuola dell’infanzia di Selva Malvezzi. Così come ho colto con uno slancio di ottimismo l’impegno del neo assessore regionale Isabella Conti, per cercare di salvare una scuola che è un piccolo gioiello. Sappiamo bene i problemi di Selva Malvezzi, piccolo borgo di 500 abitanti, colpito in maniera devastante e ripetitiva dalle alluvioni degli ultimi anni: la distanza dai centri più grandi, l’invecchiamento della popolazione e l’inverno demografico, la mancanza di collegamenti capillari.
Eppure, nonostante il contesto difficile, queste motivazioni come base per la chiusura dei plessi scolastici, non mi hanno mai convinto. Perché? Partiamo da alcune premesse. L’Italia è un paese in cui da decenni calano le nascite e sono in atto fenomeni di desertificazione urbana. L’Emilia-Romagna tiene botta sulla demografia, ma non è immune all’abbandono dei territori più periferici a favore dei grandi centri. E allora, se è vero che l’Italia da qui al 2050 perderà oltre 10 milioni di abitanti, delle due l’una: o ci rassegniamo che su gran parte del territorio nazionale i servizi vengano progressivamente meno (così come agli estremi della Città Metropolitana) oppure si mette in campo qualcosa per andare in direzione opposta. E allora ben vengano le soluzioni di buona volontà: da Cirio in Piemonte a De Pascale che vuole seguirne l’esempio sul tema. Ai cittadini importa poco il colore dei gatti: ma che sappiano cacciare i topi. Possibilmente con una visione di futuro.
Ex sindaco di Molinella