Bologna, 10 ottobre 2023 – Nessuna violenza sessuale, dice la Corte d’appello: Maicol Sacchi, imbianchino di Sala Bolognese, dopo dieci anni esatti è stato assolto dall’accusa che l’ha perseguitato per tutto questo tempo. Quella di avere abusato di una ragazza diciottenne (all’epoca) nello sgabuzzino di una discoteca, dopo averle somministrato di nascosto una sostanza per stordirla. L’uomo ha sempre ribadito a gran voce la propria innocenza e la pm di primo grado, Gabriella Tavano, nel 2017 ne aveva chiesta l’assoluzione per insufficienza di prove; ma il giudice aveva invece deciso di condannarlo a cinque anni e mezzo di carcere. Una sentenza ora ribaltata in appello.
Venerdì scorso infatti Maicol, assistito dall’avvocato Simone Biondi, è stato assolto in appello perché "il fatto non sussiste". In primo grado era stato assolto dall’accusa di rapina nei confronti della vittima, mentre si sono nel frattempo prescritti i reati di lesioni personali e violenza privata. Insomma, il cerchio per Sacchi pare essersi chiuso, nonostante la Procura generale in aula avesse chiesto la conferma della condanna di primo grado.
I fatti. Nel settembre 2013 l’imbianchino, che all’epoca aveva 29 anni, fu accusato da una diciottenne di averla aggredita mentre si trovavano alla discoteca Magic di via Calzoni, in zona Fiera. La vittima, che poi non si costituì parte civile nel processo, raccontò che l’uomo le aveva offerto da bere da una bottiglietta, dove a suo dire le aveva versato una sostanza per stordirla, poi l’aveva costretta a un rapporto orale in uno sgabuzzino del locale. Disse anche di essere stata rapinata dallo stesso uomo, che fu arrestato subito dopo i fatti dai carabinieri, chiamati da un amico col quale lei si era confidata. Sacchi però fu scarcerato dopo pochi giorni, poiché il tribunale del Riesame ritenne non vi fossero gravi indizi di colpevolezza a suo carico. L’artigiano da subito diede una versione ben diversa, negando di aver fatto bere alcunché alla diciottenne, che aveva conosciuto quella stessa sera, e sostenendo invece che si fosse trattato di un rapporto consenziente.
Furono anche fatte dal consulente nominato dalla Procura due perizie, una tossicologica, che non rinvenne tracce di droghe né di alcol nel sangue della parte offesa, la quale peraltro pareva ricordare con lucidità diversi dettagli della serata, e una genetica, che non rilevò tracce del dna dell’imputato sul corpo della giovane. Un’amica della parte offesa, che le aveva prestato il vestito azzurro che quest’ultima indossava la sera della presunta aggressione, chiamata a testimoniare rivelò che l’abito non fu strappato durante la violenza, ma era già scucito prima. "La sentenza di primo grado ci colse di sorpresa: già il tribunale del Riesame aveva sostenuto che non vi fossero gravi indizi di colpevolezza contro il mio assistito – commenta ora l’avvocato Biondi –. Ci stupì che le consulenze e certi temi non fossero stati approfonditi in quella sede. Ora siamo finalmente soddisfatti".
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