Continua l’avventura di Jana, la nuova creatura a fumetti di Vanna Vinci per la Sergio Bonelli, che si muove in una Bologna misteriosa dove l’artista sarda, bolognese da una vita, riprende in mano un tema a lei caro, le storie di vampiri. Esce oggi La bambina, il secondo volume della quadrilogia Viaggio Notturno, in cui prosegue la storia di Jana, una ragazza che riceve in eredità un appartamento a Bologna da una vecchia amica, la misteriosa Vera Mayers. Un’avventura per Vinci, che per la prima volta si trova alle prese con la serialità, tornando invece, dopo cinque biografie, a una sua storia inedita, che le ha permesso di immergersi nella nostra città, immortalandola, reinventandola, riscoprendola, usandola come tramite per un immaginario stilistico raffinatissimo che unisce tanti influssi culturali (i luoghi inventati da Basoli, i personaggi di Fellini, l’artista Vali Myers), artistici e umani. Palazzi, osterie, sotterranei convivono e alcune regole del fumetto vengono sovvertite.
Vinci, ad ogni libro della quadrilogia ricomincia la caccia a dettagli e riferimenti?
"Innanzitutto, se vado in giro e trovo dei posti che mi interessano li fotografo. Ci sono delle strade che ritornano come via Cesare Battisti, via Val d’Aposa che è tra le mie preferite di Bologna, via Nosadella, degli scorci di via del Riccio, oppure consulto google Maps".
Questo viaggio notturno è un’ode a Bologna?
"Sì, sono arrivata alla conclusione che se sono fatta in una certa maniera, dal punto di vista professionale e personale, lo devo per una grossa percentuale a Bologna. Cagliari mi ha fatta, Bologna mi ha rifatta. Una storia di vampiri la potrei ambientare ovunque, la precedente era tra Milano e Cagliari, quella fatta per la Kodansha era a Venezia, Roma, ma la possibilità di farla a Bologna, potendo ridisegnarla, è stata splendida. Bologna è una città bellissima, nonostante oggi ci siano problemi di logistica con molte modifiche urbane. Ma io la desidero, continuo a meravigliarmi dei posti che sono quinte sempre differenti".
Cosa succede nel libro?
C’è un’evoluzione nel rapporto tra Jana, la casa e questa specie di fantasma nello specchio che è Vera. Poi c’è un approfondimento del rapporto tra lei e il vampiro e di quello che le succede all’esterno, nella casa e nella città, e all’interno, mentalmente. C’è qualcosa di fantasmatico e pauroso che accade, a me fa un po’ paura".
Perché il vampiro Lupo ha le sembianze di un Mod tipo Paul Weller?
"Sono partita da Lord Ruthven di Polidori, un personaggio cattivo, per usare una parola da film western, ma anche molto affascinante e sfuggente, perfettamente inserito all’interno della realtà. Non stiamo parlando del conte Dracula, che in questo caso abiterebbe sui colli in una casa nel bosco. Lui gira, conosce un po’ tutti e cercando di immaginare il suo stile, un po’ boomer, mi è venuto in mente Weller. E un po’ anche un musicista dei Buzzcocks che ha quel taglio mod. E quindi jeans neri, stivaletto, giacca di pelle".
Jana ricorda invece l’Alinovi.
"Su Facebook avevo pubblicato un disegno, anche un po’ inconsapevolmente, che poi mi è servito per costruire i personaggi. Quello era un personaggio effettivamente molto simile all’Alinovi, che camminava in via Nosadella. Non mi ero resa conto che le somigliasse, ma a un certo punto nei commenti è successa una baraonda, con tanti che scrivevano. Credo che tutto sia successo senza che me ne rendessi conto, perché in fondo volevo che un certo mood di quegli anni affiorasse. Nel fumetto tutto è possibile e mi piaceva prendere la città e farla tornare a un’altra estetica".