Sono quarant’anni che il centro sociale culturale Villa Paradiso è attivo nel quartiere Savena. Dopo il provvedimento dell’amministrazione comunale, che interrompe la convenzione con gli storici gestori, la Casa di quartiere sceglie comunque di non arrendersi e di cercare di preservare lo spazio.
"Prima delle nostre iniziative, il quartiere era immerso nel degrado – ricorda Maurizio Sicuro, presidente di Villa Paradiso –. Rivitalizzando la via con le attività culturali, abbiamo contribuito significativamente a risanare la zona". Sono più di cinquecento le socie e i soci della Casa di quartiere, il 40 per cento di loro risiede in zona e l’80 per cento è composto da donne.
"Insisteremo per trovare un accordo – spiega l’associazione – e lo faremo anche per il rispetto delle volontarie e dei volontari che, in tutti questi anni, hanno contribuito a curare gli eventi e gli spazi". La decisione sarà presa sabato, durante un’assemblea con tutte i soci. Intanto qualche mossa si può già prevedere: tra le proposte dei residenti, molte delle quali arrivano direttamente dal web, c’è la probabilità di organizzare una raccolta firme o di procedere con un’azione legale. "Il timore dell’azione legale – informa l’associazione – è quello di essere una goccia di fronte al Golia".
La sensazione per i gestori dello spazio "è più quella di essere entrati nel ‘mirino’ del Comune". Proprio il presidente dell’associazione racconta che dopo la questione del film russo, finito al centro di numerose bufere, l’amministrazione, in particolar modo la neo assessora Matilde Madrid (Sicurezza e Welfare), li aveva convocati e poi, avvisati di voler "prendere provvedimenti".
"Accusarci di essere filorussi è stata una scusa per destinare gli spazi a scopi che potessero prevedere un guadagno", afferma ancora Sicuro rivendicando, tra le tante cose, di non aver organizzato la proiezione, ma di aver semplicemente messo lo spazio a disposizione.
La polemica sulla decisione di Palazzo d’Accursio, si espande anche alla scelta di destinare lo stabile al welfare: "Ci sono altri luoghi in disuso, che andrebbero riqualificati e rivitalizzati". Tra questi si citano altre Case di quartiere come il ‘Gufo’, in via luigi Longo.
Si fa leva, poi, anche sulla pratica del dissenso in quanto "chiudere un luogo perché contrari alle attività che si svolgono al suo interno, più che democrazia, è una pratica di censura", per poi continuare la critica alla Giunta di Matteo Lepore mettendo in discussione il concetto della partecipazione molto contestato nella questione cantieri.
"Parlano di partecipazione, ma i quartieri sono a pezzi – continua Sicuro –. Noi la partecipazione l’abbiamo fatta sul serio. Più che dispiacere, provo rabbia".
In attesa di possibili risvolti e della decisione di soci e residenti, il morale non è basso per tutti e arriva così il contributo di un corsista e volontario del probabile ex-centro sociale e culturale, che annuncia di uno spettacolo imminente, dove la protesta si propagherà attraverso il teatro.