Bologna, 7 novembre 2024 – Sofia Stefani, ex vigile a Sala Bolognese di 33 anni, venne uccisa il 16 maggio, nella sede del comando di polizia locale di Anzola, con il colpo di pistola che la raggiunse poco al di sotto dello zigomo. Unico indagato con l’accusa di omicidio volontario aggravato è Giampiero Gualandi, 62 anni ed ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia, che venne arrestato un paio di giorni dopo l’omicidio.
Ora, il Gip di Bologna, Domenico Truppa, ha concesso i domiciliari a Gualandi, 62enne ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia. L’uomo, che aveva avuto una relazione con la vittima, si è sempre difeso, sostenendo la ricostruzione dell’incidente: un colpo della pistola di ordinanza partito per sbaglio durante una colluttazione negli uffici del comando della polizia locale di Anzola.
Il provvedimento di detenzione preventiva ai domiciliari risale a circa venti giorni fa ma Gualandi si trova ancora in carcere – come spiega il suo legale – Claudio Benenati, "perché siamo in attesa del braccialetto elettronico".
Nel frattempo la Procura, con il pm Stefano Dambruoso e la procuratrice aggiunta Lucia Russo, ha impugnato il provvedimento chiedendo nuovamente il carcere: il ricorso verrà discusso il 15 novembre.
"Con riferimento al provvedimento del Gip che ha revocato la misura della custodia cautelare in carcere all'indagato, applicandogli quella degli arresti domiciliari, lo ritengo viziato alla radice. Esporrò gli argomenti specifici davanti all'Autorità giudiziaria competente”.
A parlare è l'avvocato Andrea Speranzoni, difensore dei genitori di Sofia Stefani, la vigilessa di 33 anni morta a maggio negli uffici del comando di Anzola Emilia. “Ritengo - dice il legale - che l'omicidio di Sofia Stefani abbia natura volontaria e premeditata e abbia caratteristiche tali, per movente e fase precedente all'uccisione, particolarmente deumanizzanti e brutali. Nel momento e nelle sedi giudicanti sarà mia cura difendere le vittime di questo orribile delitto con tutti gli argomenti di diritto e afferenti il contesto in cui il delitto è maturato. I familiari della vittima esprimono piena fiducia del lavoro investigativo in corso e che si possa avere verità e giustizia”.