Bologna, 2 febbraio 2024 – Già dalla mattina, "c’era molta gente, il che è un segnale davvero bello". Alla Galleria d’Arte Cinquantasei, nel padiglione 26, questo è il primo dettaglio degno di nota. Il secondo, per i visitatori e i collezionisti, è che, non esposte – in una piccola stanza-wunderkammer lontana dagli sguardi, perché arrivate solo ieri mattina –, ci sono opere di Depero che deliziano gli occhi e completano l’esposizione generale dello stand, tutto votato ai grandi nomi, da Balla a De Chirico, da Sironi a Bogoni. C’è da essere curiosi a questa Arte Fiera dei 50 anni, perché gli stand sono davvero belli, perché ci sono opere imponenti e perché, soprattutto per quel che riguarda la fotografia, c’è un piccolo mantra che gira: "questo artista è molto famoso all’estero, ma qui in Italia si è visto pochissimo". Eppure, magari, si tratta di immagini leggendarie, come quella della copertina di Rain Dogs di Tom Waits (1985) della serie del Cafe Lehmitz di Amburgo, scattata da Anders Peters alla fine degli anni Sessanta. È la prima volta che il fotografo entra in Arte Fiera coi suoi scatti e tra l’altro, la galleria che l’ha portato, la Spot Home Gallery di Napoli, gli ha commissionato un lavoro secondo la sua fama di fondatore della fotografia soggettiva, che ritrae la città partenopea con quell’inconfondibile stile in bianco e nero e si può ammirare in fiera.
La stessa cosa succede con un altro fotografo e performer di body art (pioniere dell’esplorazione multimediale) Juergen Klauke, le sue foto Transformer del 1973 alla Alessandro Casciaro art Gallery, ipnotizzano. Come fanno tante opere che parlano di scelta meticolosa, per tentare e affascinare con sostanza i possibili acquirenti.
L’opera che apre idealmente il giro in Arte Fiera, al via oggi e fino a domenica ai padiglioni 25 e 26, è una grande foto di Thomas Ruff tableau russe che ritrae Lenin, una grande fascinazione per la fotografia di propaganda. La seconda è una scultura di Vanessa Beecroft, che stupisce perché non siamo abituati a questa forma d’arte associata al nome della grande artista: ci troviamo alla galleria di Lia Rumma, uno dei grandi ritorni – dopo 10 anni – ad Arte Fiera, e si nota. La mitica gallerista che ancora è alla ricerca dell’Arte, che non ha perso nulla del suo istinto e della sua curiosità entusiasta (segnala Luca Monterastelli, attualmente con un’installazione all’oratorio di San Filippo Neri), quest’anno riceverà il premio Angamc alla carriera e ammette di essere tornata perché apprezza moltissimo il direttore artistico Menegoi e "perché le fiere italiane vanno sostenute".
C’è ovviamente Because concepito da Sarah Cosulich, che nello spazio Mutina ha messo in dialogo due opere di Cattelan, un untitled Zorro del 1989, un pezzo storico, e il gatto It del 2003.
Sono tante le opere che, camminando per i corridoi della fiera, attraggono per bellezza, per particolarità.
E poi alcuni stand sono così compatti nel loro segno. Come Zero, Galleriacontinua, Massimo Minini e Francesca Minini con un paravento spettacolare fatto di 300 cartoline di Bologna, dal titolo Punti di vista, anno 1998, di Sabrina Mezzaqui. Poi galleria Laveronica con le opere di Daniela Ortiz, l’artista peruviana che mette la sua arte a disposizione dei non visti del Sud del mondo, qui con la serie di Matrioske dedicate alle Madres de Plaza de Mayo, e che ha realizzato l’opera performatica Tiro al blanco per Fondazione Furla: l’abbiamo provato il tiro a segno contro i protagonisti dell’industria militare, coloro che producono armi di morte, e l’esperienza, come l’installazione, è davvero geniale. C’è poi un ‘premio’ che sentiamo di dare a una galleria concettualmente inebriante: Martini e Ronchetti con gli artisti Marc Didou e Florence Henri, quest’ultima fotografa che visse nel periodo futurista, le cui immagini la designer Jil Sander ha voluto per una collezione super limited.