Matteo
Lepore*
Al fatto che, ben prima del Covid, nell’area metropolitana si svolgevano le nostre vite reali. E’ in quella dimensione che dobbiamo ripensare la nostra economia, il lavoro, i servizi. Il momento è adesso. La politica deve scegliere, mettere da parte populismo, demagogia e campanilismi.
A settembre ho avuto modo di lanciare un manifesto sul futuro di Bologna, proponendo svolte che ora intendo approfondire proponendo la progettazione partecipata di una ’Nuova Frontiera’ metropolitana. Perché Bologna è una cosa grande, un’unica comunità di oltre un milione di abitanti,
che meritano pari diritti e doveri. Immagino quindi una Città Metropolitana come federazione di
comuni che si autogovernano, condividendo le scelte. Autonomia prima di tutto come responsabilità.
La mia esperienza nel campo del turismo e della cultura me lo ha insegnato. È possibile e produttivo come percorso, partiamo dall’esempio della destinazione turistica come modello di governance e collaborazione. Potrei citare anche il percorso che ha
condotto a un ottimo Piano metropolitano per la mobilità sostenibile o all’idea nascente di un fondo per la condivisione degli oneri di urbanizzazione tra aree deboli e aree forti. Un’autoriforma, insomma, da accompagnare con l’istituzione di un fondo nazionale volto a contrastare il divario tra capoluogo e aree interne.
E’ un cantiere politico che va aperto ora. Un dibattito molto concreto, al termine del quale dovremo attivare strumenti decisionali più snelli ed efficaci, per sostenere con maggiore forza lo sviluppo economico e il welfare.
Quando il Presidente Kennedy intervenne alla convenzione democratica di Los Angeles, il 14 luglio 1960, nel discorso di accettazione della candidatura enunciò per la prima volta la dottrina della ’Nuova
Frontiera’.
Mi piace recuperare questa formula che chiarisce la nostra nuova frontiera: la cittadinanza
metropolitana.
*Assessore alla Cultura