Bologna, 28 gennaio 2025 – La prima atleta transgender a partecipare alle Paralimpiadi. Un orgoglio per l’Italia, per la comunità Lgbt e per Bologna, che "è casa mia". Valentina Petrillo, due volte medaglia di bronzo ai mondiali di atletica leggera paralimpica, è l’ospite d’onore dell’ultima puntata di Bar Carlino, che vi aspetta domani dalle 18 da Neri Pasticceria Caffetteria, in via Saragozza 81.
Petrillo, che emozione è stato partecipare alle Paralimpiadi?
"È stata la realizzazione di un sogno, coltivato fin da quando ero bambina. Un’emozione fantastica che sono riuscita a raggiungere nonostante gli ostacoli davanti a cui mi ha messo la vita".
Un traguardo non solo suo, ma di un’intera comunità.
"È mio, della comunità Lgbt e della società tutta, perché porta con sé un messaggio che va oltre ogni confine".
Quale?
"La determinazione: nonostante le difficoltà, i sogni, a volte, si realizzano".
Come si avvicina all’atletica?
"Quando avevo sette anni, vedevo Pietro Mennea correre velocissimo e vincere le Olimpiadi di Mosca. È stato la mia fonte di ispirazione. Mi sono detta che avrei fatto come lui, ma come una donna".
Quanto è stato difficile questo percorso?
"Ho sempre vissuto con questo desiderio, combattendo con me stessa. Nel 2017 il mio primo coming out e nel 2019 ho intrapreso il percorso di terapia ormonale che mi ha portato nel 2020 a gareggiare per la prima volta tra le donne".
Come è arrivata alle Paralimpiadi?
"Nel 2021 ho partecipato a un campionato europeo in Polonia con la nazionale paralimipica, visto che sono affetta dalla sindrome di Stargardt e sono ipovedente, e questa estate ho raggiunto Parigi".
Che valore ha avuto per lei lo sport?
"È stato un salvavita, prima quando ho scoperto la malattia e poi per l’essere una persona transgender: lo sport è stato una via d’uscita e un mezzo per includermi nella società. Purtroppo ci sono ancora tanti pregiudizi sul tema".
Cosa direbbe a chi sta vivendo il percorso che ha vissuto lei qualche anno fa?
"Di credere in sé stessi, vivendo la vita come noi desideriamo e fregandosene del giudizio altrui. Far leva sulle proprie emozioni e sui propri desideri, che ci aiutano a superare gli ostacoli e le offese che arrivano tramite i social".
La sua storia è d’esempio.
"Ho scritto un libro autobiografico, ‘Più veloce del tempo’. Credo sia importante raccontare la mia storia di vittoria, non solo in campo sportivo ma a livello sociale. L’augurio è che sempre più persone, comprese quelle transgender e con disabilità, possano essere incluse nello sport".
Bologna cosa rappresenta per lei?
"È diventata casa mia nel 1994 frequentando l’istituto dei ciechi Francesco Cavazza. Mi sono innamorata di Bologna, vedendola come città in cui far nascere i miei figli. E così è stato".
E il Bologna?
"Non tifo Bologna, ma la Champions è stata una bella soddisfazione e un bel percorso, anche se non è andata come si sperava".