L’appello di Eduar Nelson, 37 anni, arriva come un pugno nello stomaco dal reparto Covid, al sesto piano del Maggiore: "Vaccinatevi, mi rivolgo a tutti, ma soprattutto ai ragazzi. È meglio sentire un po’ di dolore al braccio per qualche giorno che affrontare quello che ho vissuto io in terapia intensiva: aghi, flebo, maschera dell’ossigeno e tutte le sere venivo girato a pancia sotto. Vaccinatevi per evitare questa sofferenza". Il paziente, di origine peruviana, ma sotto le Due Torri da 17 anni, è appena uscito dall’area critica, dove a causa della grave polmonite ha trascorso cinque giorni ed è pentito di non essersi sottoposto alla profilassi prima che il virus lo contagiasse.
L'appello di Donini ai non vaccinati: "Prenotate la dose" - Covid Italia ed Emilia Romagna, bollettino del 2 settembre
"Se ho avuto paura di morire? Sì – risponde –. Stavo tanto male, avevo la febbre alta, la tosse e mi mancava l’aria. Se sono uscito dalla rianimazione è grazie alle terapie e agli angeli che stavano attorno a me, al medico e all’infermiere che appena entrato mi hanno subito incoraggiato. E poi tutti si sono presi cura di me, con pazienza e tanto amore. Appena starò meglio li dipingerò in un quadro, la pittura è una mia passione". Quando si parla della protezione dal Covid, Eduar ammette che prima di ammalarsi era in una fase di attesa. "All’inizio sembrava che i vaccini non fossero sicuri, almeno questi erano i discorsi che si facevano tra amici, e così aspettavo. Ma non sono un no-vax. Sono un assistente informatico e ho sempre preso tutte le precauzioni – assicura –, indossando la mascherina. Ero in forma, facevo sport e giocavo a calcio, eppure mi sono contagiato. Probabilmente è accaduto la sera del 14 agosto, quando sono andato in giro insieme agli amici". In pochi giorni la situazione è precipitata. "È salita la febbre, è arrivata la tosse e poi sono stato sempre peggio. In casa ero da solo, non c’erano i coinquilini e quando non ce l’ho fatta più ho chiamato l’ambulanza. Sono arrivato al Pronto soccorso e mi hanno subito ricoverato. E salvato. Quando sarà possibile, farò una dose di vaccino".
Adesso le sue condizioni sono in via di miglioramento, "ma questa esperienza mi ha segnato: vedere tanti malati gravi attorno a me non mi era mai capitato".
Nicola Cilloni guida la terapia intensiva medico-chirurgica della rete ospedaliera Ausl: "Il paziente non è stato intubato ed è rimasto sveglio, perché per tollerare la maschera chiamata gran facciale per l’ossigeno, collegata al respiratore, doveva essere collaborativo. Ma ha visto tutto quello che lo circondava e questa è una prova più difficile da superare rispetto a chi ha una malattia più grave, ma è sedato". Nella degenza ordinaria Covid, Eduar è stato seguito dalla responsabile Stefania Zaccaroni. "È arrivato la notte del 27 agosto con una grave polmonite bilaterale e faticava a respirare, quindi non bastava l’ossigeno ad alti flussi né il supporto ventilatorio Cpap. Dopo poche ore – ricorda – lo abbiamo trasferito in area critica. Adesso è tornato da noi: sta molto meglio, continua a ringraziarci e a dire che è pentito di non essersi vaccinato".