NICOLA BIANCHI
Cronaca

Uno Bianca, al Pilastro è il giorno del dolore. "Ora un esposto per conoscere i mandanti"

Lacrime e rabbia alla commemorazione dei tre militari assassinati. I familiari: "Vogliamo una verità ‘vera’ sulle azioni della banda"

Bologna, 5 gennaio 2022 - Ogni 4 gennaio, da 31 anni, Annamaria Stefanini torna al Pilastro, davanti al cippo con quelle foto in bianco e nere di tre uomini valorosi, tre carabinieri crivellati dai colpi della Banda della Uno Bianca. Un mazzo di fiori in mano, i capelli sempre più bianchi, le lacrime che sgorgano a fiumi sul suo provatissimo volto per quel figlio, Otello, strappato alla vita a 22 anni nel 1991. "E fino a quando avrò la forza, e il Signore me lo permetterà, – sussurra aggrappandosi alle braccia di Alessandro, l’altro figlio – sarò sempre qui". Il capo pattuglia Otello Stefanini e i colleghi Mauro Mitilini e Andrea Moneta, simboli dello strazio senza pace dei familiari delle vittime.

Il cordoglio al Pilastro 31 anni dopo quel 4 gennaio 1991
Il cordoglio al Pilastro 31 anni dopo quel 4 gennaio 1991

E’ il giorno del ricordo al Pilastro, quello della "memoria dei nostri ragazzi che hanno dato la vita per noi e per la nostra giustizia", ha ricordato nell’omelia il cappellano dell’Arma, don Giuseppe Grigolon. Ma è anche il giorno della rabbia per il nuovo permesso premio concesso nei giorni scorsi ad Alberto Savi, il più giovane dei fratelli killer, mentre Fabio e Roberto dal 1994 non sono mai usciti dal carcere. "Il più grande dolore del mondo – dice la donna – per una madre e per un meraviglioso marito (Adolfo, morto il 6 dicembre scorso, ndr ) è quello di restare senza un figlio. Una vergogna che chi ha ucciso tutte quelle persone possa continuare ad avere una licenza per uscire. Si salva un ragazzo che ha fatto una rapina, che ha commesso uno sbaglio, non chi ha ammazzato 24 persone e ne ha ferite altre 102. Ho sentito dire i Savi che uccidevano per il gusto di uccidere, perché era come una droga. No, non li perdonerò mai finché vivrò. E fino a quel momento lotterò per la verità".

Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, uno dei tre militari uccisi
Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, uno dei tre militari uccisi

L’ESPOSTO IN PROCURA

Una verità "vera", chiedono a gran voce le famiglie Stefanini, Moneta e Mitilini con le tante altre vittime della Uno Bianca pronte a depositare un esposto in Procura. "Auspichiamo che la commemorazione del 4 gennaio – così in una lettera – non sia solo un modo per onorare tre giovani carabinieri, ma che esorti le istituzioni democratiche a continuare a ricercare la verità su quei sette anni di terrore". Poi l’affondo diretto a chi, "avendo seguito a vario titolo questa triste vicenda, si contrappone alle nostre istanze di verità e giustizia affermando di avere la certezza che sulla Banda della Uno Bianca non ci sia altro da chiarire". Se ciò fosse vero, "questi signori dovrebbero spiegarci come mai la Procura generale, dopo la memoria dell’Associazione dei familiari delle vittime della Strage del 2 agosto, ha riaperto il caso, avocandosi l’inchiesta sui mandanti". Per questo "anche noi abbiamo il diritto di cercare mandanti e complici" presentando "un esposto che ripercorrerà tutte le azioni oscure della Banda".

DEPISTAGGI

Presente alla commemorazione anche il procuratore capo Giuseppe Amato che un anno fa ha aperto un fascicolo – al momento senza indagati e ipotesi di reato – sulla base di un’informativa dell’Arma tesa a chiarire alcuni aspetti di una intercettazione telefonica, pubblicata in esclusiva dal Carlino , che coinvolse la famiglia della super testimone Simonetta Bersani. "Oggi crediamo – spiega Ludovico Mitilini, fratello di Mauro – ci siano elementi nuovi per proseguire perché la verità non è solo questa, non è assoluta e non la accettiamo. Se ci furono depistaggi? Sulla strage del Pilastro posso dire che c’era già il cherosene pronto a incendiare l’auto e a nascondere le prove. Quello fu un agguato premeditato e studiato come tante altre azioni della Banda".

Sulla stessa linea anche Rosanna Zecchi, presidente dell’Associazione dei familiari, indignatissima per il nuovo permesso a uno dei Savi: "Mai nessuno si è pentito, in tribunale ci risero in faccia. E’ l’ennesima vergogna italiana. Vogliamo che oggi, anche grazie alla digitalizzazione degli atti, venga fuori tutto. Se ci sono elementi nuovi o altre persone coinvolte, è ora di tirarle fuori. Come è accaduto per la strage alla stazione del 1980".