PATRICK COLGAN
Cronaca

Uno Bianca, i familiari divisi. Capolungo tende la mano a Zecchi: “Idee diverse, ma andiamo avanti”

Il presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime: “Ho sentito Rosanna, capisco la sua fatica. Anche mia madre è sfinita, quando ha saputo che avrei avuto un impegno in prima linea ha pianto”

Bologna, 6 gennaio 2025 – “Ci sono diversi sentimenti fra noi, ma se c’è la possibilità di chiarire dei punti oscuri, saremo sempre in prima linea per la ricerca dellla verità”. Lo ribadisce Alberto Capolungo, presidente dell’associazione delle vittime della Uno Bianca che ha presentato un esposto, al vaglio della Procura. E getta acqua sul fuoco dopo le parole, pesanti, di Rosanna Zecchi, al vertice dell’associazione per 26 anni, che in occasione della commemorazione della strage del Pilastro – alla quale non era presente – ha definito “un supplizio incredibile”, la possibilità che si possa aprire un nuovo processo: “Andare avanti a indagare sarebbe come un tornare indietro. Non c’è alcun elemento nuovo”.

Alberto Capolungo, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime
Alberto Capolungo, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime

Capolungo, è rimasto sorpreso dalle parole di Zecchi? Le ha parlato?

“Sì, entrambe le cose. Però voglio dire che è difficile non capire la posizione di chi dopo tanti anni si sente anche stanco”.

È un sentimento diffuso fra voi?

“Le confesso che questo è un dramma che corre un po’ in tutte le famiglie. Io stesso per esempio ho una madre che ha quasi 89 anni, è sfinita e quando ha saputo del mio impegno ancora maggiore nell’associazione si è messa a piangere: tanti hanno questa reazione. La signora Zecchi riporta quello che è un dramma umano di molti degli associati”.

Vive anche lei questa fatica?

“Le ho detto di mia madre, ma ho fatto una scelta, assumendo la presidenza. L’associazione sarà sempre in prima linea per la ricerca della giustizia. Lavoriamo su più fronti, da una parte la memoria attraverso le mostre, il lavoro con le scuole, dall’altra la ricerca della verità”.

Ritiene che ci siano molti aspetti ancora da chiarire?

“In questo caso non ci sono state rivelazioni eclatanti, grandi novità. Ma se dovesse esserci secondo la Procura qualche esame che al tempo non si poteva fare, per esempio del Dna, qualche aspetto da approfondire, noi ci saremo. I lati oscuri a mio avviso sono molti. A partire dal fatto che mi riguarda, l’assalto all’armeria di via Volturno (dove lavorava e fu ucciso il padre Pietro il 2 maggio del 1991 assieme alla titolare Licia Ansaloni, ndr): è incredibile come i Savi abbiano corso un rischio gravissimo e senza fini di lucro. La domanda se erano terroristi a mio parere si risolve nel fatto che il terrore lo hanno provocato, più che in qualsiasi vicenda abbia toccato Bologna, una storia andata avanti per sette anni e mezzo. Proprio ieri (il 4 gennaio, ndr), Isabella Conti mi diceva che si ricorda della paura che percepiva quando era bambina”.

Quindi non ci sono spaccature nell’associazione?

“Sono solo diverse sensibilità, diversi sentimenti e soprattutto forse proprio un processo naturale e generazionale comprensibile. Ma siamo assolutamente tutti convinti di andare avanti, anche a costo di fatiche ulteriori. Magari si potesse affrontare un nuovo processo per arrivare a chiarire i lati oscuri di questa maledetta vicenda”.