REDAZIONE BOLOGNA

"Unibo, laser e droni per i misteri etruschi"

Le docente Govi (Beni Archeologici) racconta le nuove tecniche in campo a Kainua: "Ricostruiti virtualmente anche due templi"

"Unibo, laser e droni per i misteri etruschi"

Metodologie non invasive, ricognizioni territoriali, droni e laser 3d: così continuano le ricerche a Kainua (oggi Marzabotto), protagonista di missioni archeologiche dell’Università di Bologna ormai dal 1988. Sono state numerose le sorprese che l’antica città etrusca ha riservato nel corso degli anni: dalla scoperta del recinto del tempio di Tinia (1998-2013), e del tempio di Uni (dal 2013 in poi), con il ritrovamento negli ultimi anni di un porticato che fiancheggia il lato ovest del santuario, fino al caso eccezionale del rinvenimento di una sepoltura rituale di infante. Sono ancora molteplici le domande che gli archeologi si pongono sul mondo etrusco e sul rapporto che quel popolo aveva con il territorio circostante. Interrogativi a cui docenti come Elisabetta Govi – Direttrice della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici e professoressa al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’Unibo – e studenti cercano di rispondere.

Professoressa Govi, nel 2024 continuerete ad operare nel territorio di Marzabotto.

"In questa fase non andremo a scavare direttamente, ma utilizzeremo metodologie non invasive: prospezioni geofisiche, ricognizioni territoriali e voli con droni. Di recente il nostro dipartimento ha acquistato droni dotati di sensore multispettrale, in grado di registrare la quantità di energia riflessa dagli oggetti della superficie terrestre. È un sistema che ci mette nelle condizioni di intuire lo sviluppo di strutture murarie, o quello planimetrico degli edifici: in questo modo riusciamo a pianificare al meglio gli interventi".

In queste operazioni sono coinvolti anche gli studenti?

"Sì, porto con me studenti della scuola di specializzazione in beni archeologici che dirigo, un corso di terzo livello che può essere paragonato a un dottorato di ricerca, ma anche matricole: ho un’equipe molto eterogenea sul campo, circa una trentina di ragazzi, provenienti dai dipartimenti di Storia e beni culturali. A me piace chiamarli ‘Scavi scuola’, perché è un’occasione formativa unica".

Nel vostro dipartimento in San Giovanni in Monte è esposta una mostra realizzata con tecnologie 3d: le utilizzate anche voi a Marzabotto?

"Il nostro ateneo ci sta puntando molto. Oltre ai droni, abbiamo anche laser scanner 3d, che permettono di acquisire digitalmente gli oggetti, ad altissima risoluzione. Abbiamo così maggiori possibilità di trovare dettagli che l’occhio nudo non riesce a percepire (decorazioni o inscrizioni per esempio). Senza contare il fatto che si può arrivare alla ricostruzione digitale".

Vi state muovendo anche verso questa ipotesi?

"Abbiamo intrapreso un percorso di ricostruzione virtuale, prendendo parte al progetto nazionale promosso dal Ministero ‘e-archeo’. Grazie alla tecnologia Archaeobim – che verifica la verosimiglianza delle ipotesi ricostruttive – siamo riusciti a ricostruire gli alzati dei due templi di Uni e di Tinia, di cui avevamo solo le fondamenta. La mappa di tutta l’area è sul loro sito, è stato un grande lavoro di impatto scientifico e filologico".

Alice Pavarotti