Una folla in lacrime per Michele Raule: "Attiravi le persone e le rendevi speciali"

Familiari e amici hanno riempito la chiesa di piazza Bracci per il funerale dell’ingegnere-alpinista morto sul Monte Bianco

Una folla in lacrime per Michele Raule: "Attiravi le persone e le rendevi speciali"

Una folla in lacrime per Michele Raule: "Attiravi le persone e le rendevi speciali"

"Miki, tu rendevi le cose speciali: attiravi a te le persone, e poi le rendevi speciali". L’ultimo saluto a Michele Raule, l’ingegnere precipitato nel crepaccio di un ghiacciaio mentre scalava il Monte Bianco, squarcia la quiete di un venerdì mattina come tanti in piazza Bracci. Un venerdì in cui la guida ambientale avrebbe potuto lavorare, come sempre, e aiutare gli altri, la sua più grande passione insieme all’alpinismo, come sempre. Una quotidianità spezzata, distrutta dalla tragedia avvenuta domenica, a un passo dalla sua più grande impresa. E ieri mattina è stato il momento dell’ultimo saluto all’uomo "dal grande cuore".

In centinaia riempiono la chiesa parrocchiale di piazza Bracci, gremita per dire addio all’ingegnere, che "faceva sempre del bene agli altri". Non si contano i conoscenti, i colleghi e gli amici presenti alla funzione, con il viso rigato dalle lacrime, ancora increduli per quanto accaduto, ma con il cuore pieno di orgoglio "per aver avuto Michele nella nostra vita". Un’intera comunità in lutto, che si stringe al dolore straziante ma raccolto della famiglia di Michele: la moglie Elisa e i figli, giovanissimi, Elena, Chiara e Francesco sono in prima fila, insieme con le sorelle e il fratello di Michele, durante la funzione. Sotto l’altare, il feretro di Raule accoglie anche un casco, le corde e una piccozza da alpinismo, simboli della sua passione più grande, oltre a quella di aiutare gli altri. È proprio sul suo buon cuore e sull’animo gentile che si concentra la messa, che raduna anche tantissimi giovani. Nei discorsi dei presenti c’è spazio per il ricordo di una persona trasparente, buona e genuina.

È don Stefano a dipingere il primo ritratto, come già aveva fatto durante la veglia di martedì sera, di Michele. "Ho sempre pensato che fosse un uomo appassionato di montagna – inizia il parroco –, ma invece era appassionato di umanità". Umanità che traspare dalla folla che, in silenzio, non cessa di piangere l’assenza di Michele. "I mille messaggi che nel corso della sua esistenza ci ha mandato – continua don Stefano –, sono quelli del Vangelo. Un figlio amato e custodito fino alla casa del Signore".

Alla fine della funzione, è il fratello di Michele, Nicola, a prendere parola. "Ho visto come se n’è andato, ero lì con lui – inizia, commosso –. Ma voglio raccontare com’è vissuto". È l’amore, ora, a parlare. "Siamo cresciuti nella stessa stanza – racconta Nicola –. Dicevamo il rosario insieme: lui era quello bravo. L’abbiamo recitato anche quella sera, sul ghiacciaio. Ma Miki non scalava le montagne per scalare: per lui erano un segno di Dio sulla terra". E pensare che "quando Michele leggeva di alpinisti morti nelle scalate, notava i commenti degli amici – dice la moglie Elisa –: ‘Almeno se n’è andato in mezzo alle montagne’, scrivevano. Ma lui diceva: ’Non è vero che è meglio morire in montagna. Farò di tutto per fare in modo che questo non mi succeda’".

Ma la tragedia è accaduta. "Michele amava le persone – conclude Elisa –. Non ho passato un giorno senza essere felice affianco a lui". Al cordoglio della comunità, si è unito quello del cardinale Matteo Zuppi, che ha contatto personalmente la moglie di Michele. "Ora siamo caduti – conclude il nipote, in lacrime sull’altare –. In questo momento più che mai abbiamo bisogno della tua mano. Sei stato un esempio".

Mariateresa Mastromarino