Bologna, 6 settembre 2024 – "Il mio bambino avrebbe compiuto 17 anni il 20 settembre. Era il nostro raggio di sole. E non tornerà più". Daniela fissa un punto nel vuoto, contro il muro. Sopra al camino, nella piccola cucina, Fallou sorride negli scatti di due fototessere. Lei non le guarda. Tiene stretto il telefono. Scorre un video di loro due sorridenti. Lei chiede al figlio se sta venendo bene. Lui scherza. Sembra passata un’epoca da quei visi aperti. Il dolore ha scavato un solco. E nel dolore di oggi, quella gioia è solo il ricordo straziante di qualcosa che non può tornare. La voce di Daniela è un sussurro che trema e sale solo negli acuti spezzati dalle lacrime.
La sofferenza di questa mamma spezza il fiato. Il papà di Fallou, Mao, non parla. Seduto al tavolo della cucina, la testa appoggiata al muro, piange e basta. Il medico è appena uscito di casa dopo averlo visitato perché la notte passata tra via Piave e l’ospedale Maggiore lo ha provato fino allo stremo. Ma vogliono, questi due genitori, assieme alla nonna Loredana, che dà loro forza, e agli zii, ricordare "il sole che era Fallou. Era la nostra gioia".
Un unico figlio, amato da tutti, "perché buono con tutti. Fallou c’era sempre. Tutti gli volevano bene". E anche mercoledì sera, l’altruismo che aveva imparato tra l’affetto delle mura di casa e sui campi di football, il suo sport del cuore, lo ha portato a intervenire. "Lui si è messo in mezzo – racconta Daniela – voleva aiutare gli amici. E me l’hanno ammazzato. Al cuore lo hanno pugnalato".
Ripercorre a fatica le ore subito precedenti alla tragedia. Ore di serenità in famiglia: "La nonna aveva fatto la pizza, che a lui piaceva molto – dice –. Era da un po’ che non la faceva perché non era stata molto bene. È stato bello. Lui era seduto a capotavola, abbiamo scherzato". Finita la cena, Fallou ha chiesto alla mamma di uscire. Sarebbe andato al solito posto, al parco del Velodromo dove lo aspettavano gli amici. "Alle 22 mi ha chiamato il suo migliore amico, hanno la voce quasi identica. Mi fa: ‘Vieni, è successa una cosa brutta’. Io gli ho risposto ‘Fallou, dai, non scherzare’. E il ragazzo allora mi ha detto: ‘Lo hanno accerchiato, vieni subito’".
E Daniela è corsa. Così come era, le infradito ai piedi che le impedivano di essere veloce come avrebbe voluto, di catapultarsi come la luce su suo figlio. "Quando sono arrivata era dentro l’ambulanza. E c’era sangue, tanto sangue intorno... Gli mancava un dente. Nel cuore lo hanno accoltellato il mio bambino. Ha sofferto tanto... Era tutto da solo il mio Fallou...". Il racconto si interrompe.
Daniela, Mao e nonna Loredana dicono di non conoscere il ragazzo che ha sferrato il fendente mortale: "Non lo avevamo mai visto, né sentito nominare", raccontano. Ma adesso questa famiglia si aspetta che esista una giustizia: "Mi hanno detto che lo ha ammazzato dopo una lite per futili motivi. Lì ci sono le telecamere, vedrà la polizia cos’è successo", dice ancora Daniela. Che si arrovella per capire perché gli amici, invece di chiamare subito il 118, siano corsi dietro all’aggressore. In quei minuti concitati, una chiamata immediata avrebbe potuto fare la differenza? Probabilmente no, vista la terribile precisione di quell’unico fendente. Ma il dubbio fa male.
Il tempo delle domande verrà. Ora tutte le energie sono consumate dal dolore. Nella palazzina di via Segantini il via vai di parenti e amici è continuo. Un abbraccio, una parola di supporto che prova ad alleviare uno strazio incolmabile. "Era così bello, poteva fare il modello", dice nonna Loredana, che andava ad accompagnare a scuola, da bimbo, Fallou. "Tutti i bambini gli volevano bene, era un punto di riferimento in classe. E anche adesso, al Belluzzi, aveva tanti amici. Nessuno gli voleva male, perché lui era buono, difendeva tutti – scuote la testa la nonna –. Nessuno avrebbe potuto volergli tanto male".