Comportamenti prevaricatori, intimidatori e aggressivi. Sono quelli messi in atto, secondo quanto si legge nell’ordinanza di 300 pagine del gip Domenico Trupp, da Omar Mohamed nei confronti delle sue ‘vittime’, cioè i suoi debitori. Il trentanovenne imprenditore calabrese viene descritto come una persona minacciosa e violenta contro chiunque, a suo avviso, avesse provato a mancargli di rispetto. Una condotta che, ad esempio, sarebbe stata messa in atto nei confronti di una persona e dei suoi genitori per il recupero di crediti originati dal commercio in nero di orologi di lusso, a suo dire del valore di circa 300mila euro. Mohamed, anche insieme all’aiuto di altre persone, avrebbe minacciato i due dicendo che, se non avessero restituito i soldi, ne avrebbero subito le conseguenze. Non solo, secondo le accuse si appostò sotto casa dei genitori del suo creditore e scattò foto all’abitazione per intimidirli. In un’occasione, dopo aver incontrato per strada il padre della persona che gli doveva i soldi, lo fermò chiedendogli dove fosse il figlio e, successivamente, minacciandolo di morte laddove non glielo avesse detto.
Parlando con terze persone, poi, spiegò che avrebbe aggredito il suo creditore per poi caricarlo nel bagagliaio della macchina: una sorta di caccia all’uomo, così è definita negli atti d’indagine, con spedizioni di giorno e di notte, minacce e intimidazioni, non riuscita solo perché le vittime, il creditore e la moglie, fuggirono all’estero rendendosi irreperibili.
In un altro caso, per cui l’imprenditore calabrese risponde di usura pluriaggravata, prestò al gestore di un locale della movida bolognese – che aveva bisogno di soldi per debiti legati al gioco d’azzardo – una somma pari a cinquemila euro, facendosi promettere la restituzione entro trenta giorni con interessi pari a mille euro. Rinnovando poi la scadenza per la restituzione dei soldi, Mohamed arrivò a chiedere una somma pari a novemila euro, con interessi di quattromila euro, applicando cioè un tasso del 240 per cento, ben superiore, ovviamente, alla soglia legale fissata dalla Banca d’Italia.
All’imprenditore trentanovenne vengono contestati anche atti persecutori ai danni di una donna, assunta come aiuto-cuoco nel ristorante ‘Crudo’ di via San Mamolo di cui lui è il titolare, che fu minacciata di licenziamento se non avesse acconsentito a svolgere circa 50 ore settimanali, benché da contratto ne fossero previste solamente 22. La donna doveva tollerare, inoltre, che una parte dello stipendio venisse elargita in nero e, in alcuni casi, di non ricevere le buste paga. Atteggiamenti che avevano creato nella vittima un forte stato di ansia, a cui però l’imprenditore calabrese non credeva. Anzi, proprio rispetto alle condizioni di salute della donna, Mohamed le mandò messaggi dicendole che i certificati di malattia erano finti e che sarebbe dovuta ritornare immediatamente a lavoro, altrimenti non avrebbe immaginato i guai nei quali si sarebbe trovata. Le diede inoltre della bugiarda, minacciandola che i suoi avvocati le avrebbero portato via tutto se non avesse fatto quello che le veniva chiesto. Insomma, un uomo senza scrupoli, secondo le accuse, che non si fermava di fronte a niente e a nessuno.
Un ruolo molto diverso rispetto a quello di Mohamed è, secondo gli inquirenti, quello di un rappresentante del mondo dello spettacolo bolognese, indagato per usura e tentata estorsione senza aggravanti di tipo mafioso. L’uomo, per la Guardia di finanza, prestò 20mila euro a due persone, chiedendone 4mila come interessi. Poi, quando loro non riuscirono a saldare il debito per intero, li minacciò sia al telefono sia mandando da loro un emissario.
Chiara Caravelli