Da quando lo scorso 23 dicembre ha riaperto le porte, il santuario di Santa Maria della Vita in via Clavature (che custodisce il Compianto di Niccolò dell’Arca), ha già registrato oltre 3.000 visitatori. Chiuse lo scorso 27 agosto per lavori, dopo essere passato nella gestione a Opera Laboratori (con i 4 musei di Genus Bononiae, Palazzo Fava, San Giorgio in Poggiale e San Colombano) a seguito di una partnership quadriennale siglata con Fondazione Carisbo, e finalmente riaccoglie bolognesi e turisti che in questi giorni sono davvero tanti.
La novità riguarda una nuova esperienza visiva dedicata al santuario e il riallestimento degli spazi espositivi dell’oratorio con una collezione permanente di opere provenienti dalle Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Carisbo, incentrate soprattutto su storia e arte di Bologna. ’Capolavori’, questo il titolo del percorso dedicato all’arte bolognese, propone opere selezionate con la consulenza di Angelo Mazza, mai viste tutte insieme, di Guercino, Elisabetta Sirani, Ginevra Cantofoli, Donato Creti, Guido Reni, Gaetano Gandolfi, Denys Calvaert, Pelagio Palagi e Giovanni Maria Tamburini con una scena di mercato che fa pendant con quelle conservate nella Sala del profano a Palazzo Pepoli. E molte altre ne arriveranno, come racconta Giuseppe Costa presidente e amministratore delegato di Opera Laboratori.
Presidente Costa, come nasce l’idea del nuovo allestimento di Santa Maria della Vita?
"Nasce quando la Fondazione Carisbo ha iniziato di affidare a terzi la gestione dei complessi museali. Palazzo Fava è un museo più semplice, perché centrale, uno spazio espositivo più conosciuto. Su Santa Maria della Vita avevamo invece proposto qualcosa che facesse rivivere la celebre opera del Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca in maniera diversa, con un progetto multimediale che la racconta in modo inedito".
Una grande novità è la quadreria ’Capolavori’, che porta alla luce quadri spettacolari mai visti tutti insieme prima. Che selezione c’è stata?
"Il curatore per la Fondazione, Angelo Mazza, è andato nei depositi e ha scelto le opere secondo una scansione cronologica. Quadri che dalla fine del Cinquecento con Bartolomeo Cesi, individuano con qualità artistica di un certo rilievo i vari passaggi dell’arte bolognese fino a inizio Ottocento. Qualità dell’opera e scansione delle varie scuole sono state le due strade guida. Si parte dal Manierismo, si arriva al Seicento con la piccola sezione dedicata alle donne pittrici e al Settecento con la parte di Crespi, Creti, dei Gandolfi per finire con Palagi nell’Ottocento. Sono quadri mai visti tutti insieme e visti raramente anche in altre occasioni. Ed è solo l’inizio".
Se ne vedranno altri?
"La collezione della Fondazione è molto ricca e per i Capolavori, l’intenzione è quella di proporre altri quadri a rotazione, magari scegliendo di tematizzarli, come è successo con la saletta dedicata alle donne, per incuriosire il pubblico. E sempre con un allestimento che accompagni le opere, senza stravolgerle, come facciamo da sempre con le mostre su cui lavoriamo. Tra l’altro presto rientrerà la Lucrezia Romana di Guido Reni, ora in prestito alla Pinacoteca di Bologna".
Di cosa aveva bisogno l’oratorio, per riprendere il cammino con Opera?
"Di bellezza e di un allestimento che desse una nuova visibilità. In questo si inserisce perfettamente il racconto della ricchezza artistica bolognese. Ci tengo poi a ricordare che il Compianto per i bolognesi ora è a ingresso gratuito".
Il numero dei visitatori, oltre tremila, l’ha sorpresa?
"Un risultato oltre i nostri obiettivi. Forse il momento delle festività è stato propizio, ma se pensiamo che Ai WeiWei fino ad ora è stato visitato da 20.000 persone, è davvero un successo".