Racconta di aver ascoltato entrambi i ‘Discorsi d’artista’ degli anni passati perché è importante "fermarsi e sentire la voce di chi parla di rinascita, in mezzo alla selva oscura e luccicante di auguri rivolti solo per abitudine". Marco Martinelli, drammaturgo, regista, fondatore con Ermanna Montanari di una delle realtà più significative del teatro contemporaneo come il Teatro delle Albe, definisce "un’iniziativa forte" l’idea introdotta nel 2023 da Elena Di Gioia del rito collettivo che a fine anno, attraverso la parola, invita a riflettere sul presente e sul futuro. Martinelli e Montanari vengono da debutti importanti: lui ha appena firmato la regia del suo testo ‘Lettere a Bernini’, lei ha inaugurato a Palazzo Malagola di Ravenna la seconda mostra dedicata a Demetrio Stratos grazie al ricco fondo concesso da Daniela Ronconi, vedova del leader degli Area.
Il Discorso, dunque. Il primo nel ‘23 fu Alessandro Bergonzoni con ‘Udendo (discorso per sola voce sospesa a sorpresa)’, poi l’anno passato venne Mariangela Gualtieri portatrice della sua ‘Esortazione urbana e planetare’. Quest’anno saranno le parole di Marco Martinelli a entrare il primo gennaio dalle 10 alle 19 nella sala della cultura di Palazzo Pepoli (ingresso gratuito) con l’inedito ‘Fino a quando?’. A partire dallo stesso orario l’audio, una decina di minuti in tutto, sarà scaricabile dal sito del Comune. Un ‘grido dell’anima’ che va dalle periferie degradate alle metropoli opulente e che chiede ‘fino a quando sprofonderemo nel pantano delle guerre, delle miserie e delle ingiustizie planetarie? Fino a quando ci rassegneremo ad essere nient’altro che merce, corpi che si comprano e si vendono?’. "Il riferimento – spiega il drammaturgo – è al Salmo 13 che rivolge appunto domande all’invisibile".
Martinelli, come potremmo definire questo suo testo?"Forse un inno rovesciato, ovvero un inno a quello che non siamo e saremmo potuti essere, un inno paradossale alla speranza. Perché mettere il dito su questa piaga significa parlare di futuro. Non servono rivoluzioni epocali, dobbiamo imparare a raddrizzare ogni giorno quel legno storto con cui Kant identificava l’umanità".
‘Fino a quando?’ è una domanda ripetuta come una litania durante questa lunga filastrocca. Quali temi denuncia?"I nostri mali epocali, a partire dal fatto che c’è molta gente che muore di fame a fronte di pochi miliardari capaci di detenere i beni di intere nazioni. Parlo di clima, violenza alle donne ma anche di abuso dei social che mi ricordano gli specchietti magici incantatori dell’’Orlando furioso’. Noi uomini ci dobbiamo interrogare sulla tragedia in atto, allargare sguardo e pensiero, trovare la forza per una ripartenza. Ognuno di noi può uscire dal proprio inferno trovando un Virgilio dentro di sé".
Il suo lavoro di teatrante è sempre stato nel segno dell’impegno civile. Questo testo lo conferma?"Ermanna ed io abbiamo tenuto vive due tensioni, quella politica e civile e quella dell’anima e del cuore. Se la politica in generale ha fallito è perché si è fermata alle statistiche e alla sociologia e non ha pensato all’individuo. Queste nostre due corde sono perfettamente racchiuse in un testo come il ‘Don Chisciotte’ di Cervantes che in estate rappresenteremo in forma completa in uno spettacolo lungo cinque ore".
Perché la vostra attenzione ai giovani continua a essere costante?"Non abbiamo mai ritenuto i laboratori una categoria minore della nostra attività. Penso a una frase del libro di Zaccaria nell’Antico Testamento in cui si parla di un uomo chiamato Germoglio. Ecco, bisogna curare quel germoglio invisibile".