FEDERICA ORLANDI
Cronaca

Un anno senza Alessandra "Pagò con la vita la sua libertà"

L’agguato sotto casa della 56enne, che era al telefono con la sorella: "Sento ancora le sue grida" . E prosegue: "Ho tanti ricordi che mi perseguitano, ma ripenso anche ai momenti belli passati insieme".

Un anno senza Alessandra "Pagò con la vita la sua libertà"

di Federica Orlandi

Un anno fa Sandra sorrideva per l’ultima volta. Un anno fa, sotto i colpi del suo ex, la sua vita si disperdeva davanti al portone della sua casa di sempre, a un passo da quello che era stato il suo rifugio, l’appartamento che l’aveva vista trasformarsi da bambina a donna. Da allora Giovanni Padovani, 27 anni, è in arresto per omicidio pluriaggravato. E la sorella di Alessandra, Stefania Matteuzzi, non si dà pace. Mai ha perso un’udienza del processo dell’assassino di Ale, mai è mancata a un incontro in sua memoria. Le due sorelle erano al telefono quella maledetta sera. Durante l’agguato alla cinquantaseienne, che stava rientrando dopo avere cenato proprio da Stefania perché preferiva non restare sola dato che in quel periodo Padovani, che aveva già denunciato per stalking, la preoccupava, le sue urla hanno viaggiato fino all’orecchio della sorella, che ascoltava attonita e impotente la sua agonia.

"Quell’uomo si è portato via la nostra libertà – piange Stefania, adesso –. Non solo quella di Alessandra di vivere, ma anche la mia e quella di tutti coloro le volevano bene, di amarla. Rivivo ancora i suoi ultimi momenti, li ho sempre nella mente, le sue grida risuonano nelle mie orecchie". E con la tragica ricorrenza del primo anniversario del brutale omicidio, il lutto pesa ancora di più. "Ho tanti ricordi che mi perseguitano, più del solito. Tanti positivi, però. Penso ai pomeriggi in cui Sandra faceva bella la mamma, la truccava e le acconciava i capelli, le dava lo smalto. Si amavano molto, il loro rapporto andava oltre a quello tra madre e figlia. Prendersi cura di lei faceva piacere ad Ale, che in realtà era una ragazza semplice, che amava preoccuparsi per noi".

L’anziana mamma ora è ricoverata in una casa di cura, affetta da una grave malattia degenerativa. "Le abbiamo detto che Ale non c’è più, ma le abbiamo parlato di un incidente – racconta ancora Stefania –. A volte però se lo dimentica. Capita che la porti a casa mia per stare una giornata insieme e mi dica: ha detto Sandra che viene anche lei oggi. Ogni volta per me è un dolore indicibile". Un vuoto che solo la giustizia può colmare, prosegue la Matteuzzi: "Io credo tanto nella giustizia, vedere pagare chi ha ucciso mia sorella è l’unica speranza cui mi aggrappo in questo abisso di vuoto e dolore che porto dentro".

Stefania al processo cui è parte civile è assistita dagli avvocati Chiara Rinaldi e Antonio Petroncini. "A un anno dal terribile omicidio, Alessandra, suo malgrado, è diventata un simbolo di libertà, perché una donna deve essere libera di indossare abiti succinti senza che ciò giustifichi molestie o becere allusioni, deve essere libera di amare senza che la differenza di età sia vista come uno scandalo, di colorare le proprie labbra di rosso, senza che ciò debba essere interpretato come una lusinga sessuale, di interrompere una relazione senza temere per la propria reputazione e per la propria incolumità – riflettono i due legali –. Lei ha pagato con la vita questo suo essere libera, così come hanno pagato tutte le altre donne che sono state uccise, molestate e stuprate e che, domani (oggi, ndr) verranno ricordate assieme a lei nella fiaccolata lungo le vie della città. Intanto continuiamo incessantemente a occuparci di tutelare tutti i diritti di Alessandra e della sua famiglia, in ogni competente sede, diritti calpestati e brutalizzati per mesi da Giovanni Padovani".